Il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol ha dichiarato la legge marziale durante un discorso televisivo d’emergenza, motivando la decisione con la necessità di proteggere l’ordine costituzionale del Paese dalle “forze comuniste nordcoreane” e di eliminare elementi “anti-statali” che, a suo dire, minacciano la democrazia sudcoreana.
Yoon ha accusato i partiti di opposizione di utilizzare il processo parlamentare per creare instabilità politica, citando in particolare una mozione del Partito Democratico per destituire alti procuratori e il rifiuto della proposta di bilancio del governo. L’applicazione della legge marziale ha portato alla sospensione delle attività parlamentari e al controllo dei media da parte delle autorità militari.
La polizia ha bloccato l’ingresso all’Assemblea Nazionale a Seul, e si sono verificati scontri tra le forze dell’ordine e manifestanti che protestavano contro la misura.
Questa è la prima volta dal 1980 che la Corea del Sud ricorre alla legge marziale, evento che all’epoca portò al tragico massacro di Gwangju, dove una rivolta popolare contro la dittatura militare fu repressa con violenza, causando centinaia di vittime.
La decisione di Yoon ha suscitato critiche sia dall’opposizione che da membri del suo stesso partito. Il leader dell’opposizione, Lee Jae-myung, ha definito la mossa “illegale e incostituzionale” e ha invitato i cittadini a radunarsi davanti al Parlamento.
Anche Han Dong-hoon, leader del Partito del Potere Popolare di Yoon, ha espresso disapprovazione, promettendo di “fermarla insieme al popolo”.
La comunità internazionale osserva con preoccupazione gli sviluppi in Corea del Sud, temendo un’erosione dei principi democratici nel Paese.