«Nelle scuole? Insegnerei di più a fare impresa. Più in particolare mi concentrerei sull’insegnamento della disciplina della gestione delle risorse umane. Su come lavorare in team, per esempio. Materia che, fino al Master, è praticamente sconosciuta. E lo farei anche nei licei». Ne è convinto Alessio Boceda, 29 anni, co-founder, insieme a Giulia D’Amato, 28 anni, di Startup Geeks, progetto editoriale che vuole raccontare l’ecosistema dei progetti innovativi italiani a partire dalle storie dei founder. Li abbiamo incontrati al Campus Party Italia 2019, dove con Lorenzo Tancredi (CEO del gruppo Linetech), hanno tenuto il talk Falliamo a voce alta. Alessio ha un background in Management, si laureato alla Bocconi di Milano e 4 anni di esperienze lavorative nei team digital di Amazon e nella multinazionale tedesca Beiersdorf. Giulia, laureata in Comunicazione all’Università La Sapienza di Roma, viene da esperienze lavorative in startup in ambito fitness. «L’obiettivo di Startup Geeks – hanno spiegato Alessio e Giulia – è rendere il mondo delle startup italiane conosciuto, attrattivo e connesso. Vogliamo far scoprire le startup ai giovani e renderle più attrattive sotto il profilo del lavoro».
Alessio e Giulia, che cos’è Falliamo a voce alta?
«È un progetto che permette, non solo ai founder ma anche agli altri membri del team di startup fallite, di raccontare in modo anonimo la propria esperienza, contribuendo così all’educazione sul tema».
Ci sono dati sui fallimenti delle startup in Italia?
«In Italia è difficile trovare dati sul fallimento delle startup. Anche in termini linguistici poi, nel nostro Paese, fallire ha connotazioni morali, all’estero no. Questo causa omertà e silenzio sul tema. Finché non si sa cosa è andato storto agli altri si fa fatica a prevenire noi stesso».
Come scegliete le startup da raccontare a Startup Geeks?
«Prima di raccontare i founder, parliamo al telefono con loro per capire se sono adatti ad un’intervista. Non ci basiamo sui numeri, ma soprattutto sulle esperienze che hanno da raccontare in termini di errori affrontati, e magari superati, e di best practice. L’obiettivo è generare conoscenza per quelli che sono un po’ più indietro».
Concentrate la vostra attenzione soprattutto sui founder delle startup. Perché?
«Parliamo con startup early stage e spesso il team è molto piccolo. I founder sono quelli che hanno avuto l’idea ma anche quelli che hanno provato a portarla avanti, hanno trovato gli investitori, hanno fallito, hanno pivotato l’idea».