Dante e Shakespeare: trovata la prova decisiva?

Dante e Shakespeare: trovata la prova decisiva?

Da tempo gli studiosi si interrogano sui legami tra Dante Alighieri e William Shakespeare. Una recente scoperta sembra aver trovato una prova decisiva.
Dante e Shakespeare: trovata la prova decisiva?

Da tempo gli studiosi si interrogano sui possibili legami tra i due giganti della letteratura mondiale, Dante Alighieri e William Shakespeare. Questa connessione, ipotizzata per decenni, sembra aver trovato finalmente una “prova decisiva” grazie alla recente scoperta di un team di ricercatori.

Al centro dell’attenzione è emerso una edizione dello scrittore fiorentino datata 1564, rinvenuto negli archivi della British Library. Il volume rivela come il Bardo inglese avesse un collaboratore che non solo conosceva perfettamente l’italiano, ma che infuse nei drammi shakespeariani numerose citazioni e concetti danteschi. Questa edizione della Divina Commedia, con le sue annotazioni e sottolineature, rappresenta oggi un tassello fondamentale per comprendere l’influenza della letteratura italiana sul più celebre drammaturgo della storia.

Evidenze storiche

La prova decisiva è un’edizione della Divina Commedia del 1564, riscoperta alla British Library dalla studiosa Marianna Iannaccone. Il volume presenta sottolineature e annotazioni attribuite a John Florio, erudito elisabettiano di padre fiorentino. Raffinato linguista e traduttore del Decamerone e dei Saggi di Montaigne, Florio utilizzò termini che si ritrovano nelle opere di Shakespeare. Alcuni studiosi ipotizzano che sia stato addirittura un ghostwriter del Bardo. Per Monaldi & Sorti, questa scoperta rappresenta una “svolta decisiva” per comprendere l’identità dei collaboratori shakespeariani.

Commenti e analisi dei ricercatori

La scoperta della Divina Commedia annotata da John Florio ha generato notevole entusiasmo tra gli studiosi. Monaldi & Sorti, autori della trilogia “Dante di Shakespeare”, hanno sottolineato l’importanza capitale di questa scoperta per risolvere il “mistero Shakespeare”. “Sono letteralmente decine i passi danteschi accuratamente evidenziati e commentati nella Divina Commedia da John Florio che si ritrovano nelle opere attribuite al genio di Stratford”, hanno dichiarato.

La loro metodologia di utilizzare Dante come “cartina di tornasole” per indagare sull’identità di Shakespeare ha ricevuto approvazione dal presidente dello Shakesperean Authorship Trust, l’anglista William Leahy, che ha invitato gli autori a proseguire le ricerche su Dante come fonte di Shakespeare.

Tra i parallelismi più significativi, Monaldi & Sorti hanno evidenziato la sorprendente somiglianza tra i rimorsi danteschi per la rivalità con Guido Cavalcanti (accennata nel canto XI del Purgatorio) e quelli espressi nell’Enrico IV. “Uno schema pressoché identico: Enrico succede a Riccardo II, provoca la sua morte ma poi è aggredito dai rimorsi. Esattamente come Dante, che succede nel primato poetico a Guido, e ne causa la morte inviandolo in esilio, dove Guido è ucciso dalla malaria”, hanno spiegato.

Particolarmente interessante è anche il neologismo dantesco “incielare” (collocare in Cielo), anch’esso sottolineato nella Commedia di Florio e successivamente apparso nei testi shakespeariani.

Implicazioni per lo studio letterario

La scoperta dell’edizione annotata della Divina Commedia apre nuove frontiere nello studio della letteratura elisabettiana. Secondo Monaldi & Sorti, questa evidenza documentale offre un innovativo criterio metodologico per identificare i collaboratori di Shakespeare, basato proprio sull’influenza dantesca nei testi. Questo approccio potrebbe rivelarsi determinante nell’analisi delle opere attribuite al Bardo, considerando che numerosi passi danteschi presenti nei drammi shakespeariani non risultano sottolineati da Florio.

L’ipotesi che anche altri autori contemporanei conoscessero approfonditamente l’opera di Dante appare ora più concreta. Christopher Marlowe, già indicato come possibile alter ego di Shakespeare, avrebbe attinto «dall’Inferno dantesco a piene mani» nel suo Doctor Faustus. Allo stesso modo, figure come Bacone, Sidney e De Vere potrebbero aver incorporato elementi danteschi nelle loro produzioni, essendo personalità erudite e benestanti, diversamente dallo Shakespeare storico, che secondo le fonti morì senza lasciare alcun libro.

I ricercatori invitano ora la comunità accademica a ricercare altri esemplari della Divina Commedia appartenuti ai vari “indiziati” per verificare ulteriori connessioni tra la letteratura italiana e quella inglese rinascimentale, consolidando un dialogo culturale tra tradizioni letterarie che appare ora più evidente e documentabile.

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