Pico della Mirandola, noto anche come Conte della Concordia, così come amava farsi chiamare, è stato un umanista e filosofo italiano. Oltre che un grandissimo pensatore del Quattrocento. Poco prima della sua morte aveva dichiarato di aver bruciato tutta la propria produzione poetica latina. Fortunatamente, di questa si erano salvate 19 poesie. Ma il dato, a quanto pare, non era definitivo. E’ successo, infatti, che un dottorando dell’Università degli Studi di Trento ne abbia scoperta una ventesima, inedita. La notizia è stata riportata su Il Piccolo, il quotidiano di Trieste. Il giornale ha anche precisato che seguirà una relazione scientifica della ricerca che sarà pubblicata nel sulla rivista di settore “Archivum mentis“. Ma come, Michele Casaccia, è giunto alla sorprendente scoperta?
Trovata poesia inedita di Pico della Mirandola
Cosa si sa di questa poesia del tutto inedita oltre che inaspettata? Quello che è stato reso noto è che è una poesia di sei versi (esastico) e che è stata individuata dal dottorando Michele Casaccia mentre era alle prese con lo studio del Fondo Ridolfi di Firenze, di proprietà della Fondazione Biblioteche della Cassa di Risparmio. Il ricercatore di Trieste ha precisato di aver trovato i versi in un antico incunabolo mentre studiava un testo di Angelo Poliziano.
La composizione alla quale si stava interessando era dedicata proprio a quest’ultimo. In quanto, come è noto, al Poliziano Pico della Mirandola era solito sottoporre i propri lavori allo scopo di averne un giudizio. Come fa ad essere sicuro che la produzione sia attribuibile al grande pensatore? Per via di un riferimento esplicito riportato, per cui i dubbi in merito sarebbero inesistenti. La poesia sarebbe databile dopo il 1486 e sarebbe stata trascritta da un copista in un antico libro a stampa.
Pico della Mirandola
Tra le pubblicazioni del grande umanista e filosofo c’è l’orazione De hominis dignitate, considerata il «manifesto» dello spirito umanistico-rinascimentale. Ma intorno al letterato aleggiano numerose leggende che ne rendono ancora più suggestiva la fama. Secondo quanto si dice, conosceva a mente molte delle opere su cui era fondata la sua cultura enciclopedica. Inoltre, sapeva recitare la Divina Commedia al contrario, partendo dall’ultimo verso. E non sarebbe l’unica opera che era in grado di ripetere in questo modo.
Le sue poesie in volgare non sono di certo il motivo per il quale viene ricordato, ma è indubbio che si tratti di una scoperta di grande rilevanza. Lui stesso le aveva rinnegate quando era ancora in vita dicendo di averle date in fiamme. Nei suoi sonetti, Pico si ispira al Petrarca, ma anche in questo caso il registro scelto non è quello sentimentale, bensì dell’argomentazione.
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