L’approccio all’educazione sessuale in Europa mostra notevoli diversità tra i vari Paesi. L’Italia, purtroppo, si distingue per una situazione disomogenea e ancora molto limitata in quest’ambito sempre più delicato: mentre in 20 Stati membri dell’Unione Europea l’educazione sessuale è già obbligatoria, nel nostro Paese questa materia è spesso trascurata e non fa parte integrante del curriculum nazionale.
L’importanza dell’educazione sessuale nelle scuole
L’importanza dell’educazione sessuale è stata sottolineata da organizzazioni internazionali come l’UNESCO e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che hanno evidenziato il suo ruolo di primaria importanza nel guidare bambini e ragazzi verso lo sviluppo di conoscenze, competenze, atteggiamenti e valori fondamentali per la loro realizzazione, per la salute, per il benessere e la dignità. Tale educazione dovrebbe iniziare già in tenera età e continuare per tutta la vita con le dovute modifiche legate all’età e alla crescita dei ragazzi. Nonostante queste raccomandazioni, l’Italia non ha ancora adottato programmi strutturati e obbligatori sull’educazione sessuale nelle scuole.
L’educazione sessuale in Italia
La storia dell’educazione sessuale in Italia inizia nel 1902, quando il Ministero dell’Istruzione iniziò a considerare di organizzare dei corsi per la prevenzione delle malattie veneree. Tuttavia, nonostante vari tentativi legislativi nel corso degli anni, nessuna proposta ha avuto successo fino a oggi quando, in seguito al tragico caso di Giulia Cecchettin, il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha presentato un progetto per introdurre “Educazione alle relazioni” nelle scuole superiori, sebbene in modo non obbligatorio e limitato al doposcuola.
Attualmente, l’Italia è tra le poche nazioni europee, insieme a Cipro, Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania, a non avere programmi educativi dedicati all’educazione sessuale nelle scuole. Nel nostro Paese l’educazione sessuale è caratterizzata da una disomogeneità diffusa e da evidenti limitazioni; la sua implementazione è spesso affidata alla volontà di singoli presidi e delle regioni, con solo una percentuale limitata di istituti superiori pubblici che offrono percorsi attivi in questo settore. Nel 2016/2017, su oltre 5.300 istituti superiori pubblici, meno di 1.400 avevano programmi attivi di educazione sessuale, e la pandemia ha ulteriormente influito su questo numero.
Il confronto con i Paesi europei
Il confronto con altre nazioni europee europei mette in luce la gravità della situazione italiana. In Paesi come Svezia, Austria, Germania, Francia e Spagna, l’educazione sessuale è obbligatoria e integrata nei programmi scolastici. Ad esempio, la Svezia ha introdotto l’educazione sessuale già nel 1955, l’Austria dal 1970, la Germania ha programmi obbligatori dal periodo post-riunificazione e la Francia dal 2001. In alcune nazioni però, come Ungheria e Polonia, si osservano iniziative più politiche che educative e molte restrizioni sulla discussione, soprattutto legate a temi come l’omosessualità.
La necessità di sviluppare programmi specifici
Il confronto con le altre nazioni europee evidenzia la necessità di un approccio più uniforme e integrato all’educazione sessuale nelle scuole italiane. L’educazione sessuale, quando implementata in modo completo e comprensivo, mira a fornire un insegnamento trasversale incentrato sugli aspetti cognitivi, emozionali, fisici e sociali i cui benefici sono dimostrati dalle evidenze scientifiche rilevate nei Paesi in cui tali programmi sono già stati attuati con successo.
Gli studenti italiani hanno espresso un forte desiderio di ricevere un’educazione sessuale formale. Secondo l’Osservatorio “Giovani Sessualità”, il 93,7% degli intervistati ritiene che l’educazione alla sessualità e all’affettività dovrebbe essere inclusa nel curriculum scolastico.