Chi sono i NEET
Si tratta di un acronimo che, negli ultimi anni, è entrato a far parte del nostro vocabolario. NEET, che sta per “Not in Education, Employment, or Training” è un termine che si utilizza per identificare i giovani, solitamente tra i 15 e i 29 anni, che non sono impegnati né in percorsi educativi né lavorativi, né in programmi di formazione. Si tratta di una categoria alla quale appartengono persone che, per vari motivi, non partecipano attivamente al mercato del lavoro o al sistema dell’istruzione. Ma perché? E come stanno esattamente le cose?
Perché si diventa (o si sceglie di essere) NEET
Le ragioni sono diverse, a iniziare dalle difficoltà economiche: la mancanza di risorse in tal senso può rendere difficile l’accesso alle opportunità di formazione o lavoro. A maggior ragione quando si proviene da famiglie con scarsi mezzi finanziari, che possono riscontrare ostacoli nel sostenere i costi dell’istruzione o della ricerca di lavoro. Anche i problemi familiari possono influire: specie se si hanno parenti malati o problemi di natura relazionale. Un altro aspetto che interessa i NEET è il basso livello di istruzione: studenti che lasciano la scuola prima di aver assolto l’obbligo scolastico o che conseguono risultati scolastici bassi riscontrano maggiori difficoltà a trovare lavoro.
Ma non tutto dipende dai giovani. La mancanza di opportunità lavorative è un’altra causa. In molte regioni, i tassi di disoccupazione giovanile sono parecchio elevati. Un aspetto, questo, che ostacola il trovare lavoro. Altre possibili cause hanno natura psicologica, e risiedono principalmente nella mancanza di motivazione, nella bassa autostima (specie in una società che ci spinge ad essere sempre al top) e nella sensazione di non essere all’altezza. A completare il quadro sono le cosiddette “barriere sociali”, nonché la discriminazione (di genere, razziale o etnica che sia).
I dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro
A fornirci un quadro più dettagliato in merito è l'”Assessing the current state of the global labour market: implications for achieving the Global Goals” (ovvero la Valutazione dello stato attuale del mercato del lavoro globale: implicazioni per il raggiungimento degli obiettivi globali) stilata dall’Organizzazione internazionale del lavoro, ente delle Nazioni Unite che si occupa di analizzare il mondo del lavoro.
Da quanto emerso, se il tasso di disoccupazione globale è diminuito nel 2022, è aumentato, seppur di poco, sia nel 2023 sia nei primi mesi nel 2024, con un tasso pari al 5,8%. Dallo stesso rapporto è venuto fuori come il 23,5% dei giovani in tutto il mondo, nel 2022 non lavorava, studiava o si formava. Una percentuale superiore ai livelli pre-pandemia. Ciò significa che la pandemia ha inasprito una tendenza già in aumento. Rispetto ai lavoratori più adulti, i giovani hanno dovuto fare i conti con un maggiore percentuale di perdite di lavoro. Il numero dei giovani NEET, ad oggi 289 milioni in tutto il mondo, non è un dato incoraggiante. Si tratta di un enorme spreco di potenziale economico, e potrebbe a lungo andare costituire un deterrente nella ricerca di un lavoro.
Essere NEET è una scelta?
Ma, secondo quanto riporta Wired, essere NEET potrebbe essere una scelta. I giovani, che ritengono le grandi aziende come entità che sfruttano i lavoratori esclusivamente per trarne profitto, senza curarsi minimamente del loro benessere, potrebbero scegliere, appunto, di non lavorare piuttosto che sottostare alle ingiuste regole di mercato. Spinti da un sentimento di insoddisfazione, preferirebbero attendere di trovare il lavoro “perfetto”, ovvero quello che offra loro una maggiore sicurezza unitamente alla soddisfazione personale, prima di firmare un contratto.
Leggi anche:
- Un giovane su cinque in Italia non lavora, i nuovi dati Istat
- L’Italia è all’ultimo posto in UE per percentuale di ragazzi che non studiano e non lavorano
- Il lavoro e il fenomeno della disoccupazione con un particolare sguardo alla disoccupazione giovanile
Foto Apertura di Helena Lopes via Pexels