Parigi dice addio ai lucchetti dell’amore. La notizia che proviene d’Oltralpe mette un punto alla moda dei giovani – e meno giovani – amanti di suggellare il loro amore con un lucchetto fissato ad un ponte, in segno dell’eternità del loro sentimento.
Una moda 100 per cento made in Italy: siamo noi, infatti, ad averla esportata in tutto il mondo, da Parigi come in Cina, Da Londra come a Siviglia, da Dublino come in qualsiasi paesino dotato di un ponte sul mare, su un fiume o su un canale, ma anche su un lampione, su un’inferriata, insomma su qualsiasi cosa. Una considerata per lo più antiestetica e pericolosa – visti i danni provocati ai monumenti “coinvolti” da questo pesante pegno d’amore – estrapolata dal primo romanzo rosa di Federico Moccia, “Tre metri sopra il cielo”.
Pubblicato nel 1992, Tre metri sopra il cielo non ha avuto moltissimo successo fino al 2004, quando dal romanzo è stato girato l’omonimo film, diretto da Luca Lucini. La storia narra dell’amore di due giovani, Step e Babi e delle difficoltà incontrate nel loro percorso sentimentale. Un percorso che i due ragazzi suggellano con un lucchetto fissato su Ponte Milvio, anch’esso diventato meta del pellegrinaggio degli amanti e non ancora ripulito.
Dopo il successo del 2004, il romanzo è stato tradotto e venduto in tutti i paesi europei ed extra europei, come Brasile e Giappone; un libro con il quale Moccia ha vinto il Premio Torre di Castruccio, sezione Narrativa 2004 e il Premio Insula Romana, sezione Giovani Adulti 2004.
Mentre la popolarità di Moccia saliva, crollavano pezzi di ponti e dmonumenti dove questi lucchetti venivano fissati. E’ successo a Roma, è successo a Parigi, motivo per cui è arrivato il niet dell’amministrazione francese.
Il peso del sigillo si fa sentire sugli edifici e molti comuni hanno provato a vietarli con teche ed altri stratagemmi, senza alcun senso di colpa dello scrittore stesso che in un’intervista a Repubblica del 2014 difese il fenomeno, in barba a spallette crollate e ad uno scenario veramente poco estetico.
Ma Moccia non è stato criticato solo per questo: nel 2010, alcuni studenti de La Sapienza di Roma lo contestarono durante un suo incontro, definendolo l’anti-letteratura italiana.