Garante dell'Infanzia sul niqab a scuola:" Stop al medioevo culturale che discrimina le donne" - Studentville

Garante dell'Infanzia sul niqab a scuola:" Stop al medioevo culturale che discrimina le donne"

Il no al niqab e burqa per le istituzioni italiane: il caso dell'Istituto Monfalcone e cosa ha espresso il Garante dell'Infanzia sul tipico vestiario islamico.
Garante dell'Infanzia sul niqab a scuola:

La condanna delle istituzioni al classico “indumento” femminile delle ragazze islamiche

All’Istituto “Pertini” di Monfalcone vi è la presenza di alcune ragazze di origine islamica, le quali, per rispettare la Legge italiana hanno l’obbligo ogni giorno di identificarsi prima dell’inizio delle lezioni.

Questo a causa del “niqab“, che prevede una complessa opera di “svestizione” in luogo appartato con le insegnanti.

A tal proposito, è intervenuto il Garante dell’Infanzia, ossia Marina Terragni.

La posizione del Garante dell’Infanzia e del Governo italiano

La Terragni esprime perplessità sulla reale capacità di integrazione di tali ragazze in ambito scolastico, poiché alcune pratiche e usanze tipiche della loro religione e del loro Paese sarebbero di ostacolo allo sviluppo della personalità della donna.

Ecco le parole specifiche del Garante:

“Certe pratiche sollevano molte preoccupazioni sulla libertà di queste ragazze e sulla loro effettiva integrazione nel contesto scolastico e sociale. Le stesse contravvengono ai più elementari diritti e ostacolano il pieno sviluppo della personalità di chi è costretta a subirne l’imposizione”. 

La stessa Terragni invita il Ministro Giuseppe Valditara a vigilare su queste situazioni, e non si è fatta attendere la sua risposta:

“Condivido il messaggio del Garante, non si deve caricare la scuola di responsabilità che non le competono: senza una Legge che riveda la normativa vigente, non si può chiedere ai dirigenti scolastici e ai docenti più di quanto ha fatto la preside dell’Istituto Pertini”. 

La situazione a Monfalcone

Bisogna tener presente che nel Paese in oggetto ben il 25% dei residenti è di origine islamica e musulmana. Quindi, sono diverse le studentesse che ogni giorno indossano il loro “velo”.

Se parlando di chador, al amira o shayla, il problema maggiore lo si ha con il niqab. Infatti, mentre i primi tre lasciano il volto scoperto, rendendo quindi la persona facilmente riconoscibile, il niqab scopre solamente gli occhi. Si capisce facilmente che ciò non è sufficiente per poter identificare la persona e verificarne l’effettiva identità.

Il niqab sarebbe la “versione leggera” del burqa, il vestito tipicamente afgano e totalmente coprente.

La scuola, si è trovata a dover decidere se vietare l’utilizzo di burqa e niqab oppure ammetterlo con la procedura di riconoscimento quotidiana, che costringe docenti a espletare dei compiti extra.

Vietare l’utilizzo di tali indumenti porterebbe le ragazze a lasciare l’istituto scolastico. In merito a ciò, si è fatta sentire anche la Lega, nello specifico Alberto Villanova, capogruppo della Lega-Liga Veneta. Secondo Villanova:

“Non è solo una questione di sicurezza, bensì anche di civiltà. Quel velo nero non nasconde solo il volto: è un ostacolo alla piena integrazione, una barriera che tiene relegate le donne in un mondo separato”. 

E’ palese che con questo pensiero le comunità che stanno in Italia, se veramente hanno il desiderio di una piena integrazione nel nostro Paese, devono accettare gli usi, i costumi e sottostare alle regole basilari e governative.

Infatti, vige una Legge che vieta la presenza in luoghi pubblici di persone “mascherate”, anche da indumenti culturali e tipici di altre Nazioni.

In conclusione, le istituzioni italiane ritengono che il niqab, come pure il burqa, siano “espressioni di una epoca medievale e culturale discriminante per le donne“, e serve una Legge statale che lo vieti in maniera netta e chiara.

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