Ieri è stata presentata la Fondazione Giulia Cecchettin, nata in memoria della giovane vittima di femminicidio per promuovere parità, educazione e cambiamento culturale.
Ieri, alla Camera dei Deputati, Gino Cecchettin ha presentato la Fondazione dedicata a sua figlia Giulia, uccisa l’11 novembre dello scorso anno dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Durante l’evento, ha sottolineato l’importanza di affrontare la violenza di genere come responsabilità collettiva: «La violenza di genere è frutto di un fallimento collettivo: non è solo una questione privata. Dobbiamo educare le nuove generazioni».
L’obiettivo della Fondazione è duplice: ricordare Giulia e trasformare il dolore in azioni concrete per il cambiamento sociale. Attraverso iniziative educative e simboliche, la Fondazione punta a sensibilizzare scuole, famiglie e aziende sui temi della parità di genere e del contrasto alla violenza. «Quando si affrontano tragedie tali, la vita ti sorprende sempre dandoti scopi nuovo. E oggi sono qui per parlarvi proprio di questo. Oltre un omaggio a Giulia quello della fondazione è un impegno che riguarda il coinvolgimento di ciascuno di noi» ha spiegato Cecchettin, sottolineando che l’impegno richiede la partecipazione di tutti.
Tra i progetti già avviati, sono state installate in tutta Italia oltre 30 panchine rosse, simboli di memoria e speranza, e sono state instituite da università, associazioni e aziende oltre 50 borse di studio e premi intitolati a Giulia; anche l’arte è parte delle iniziative con sei murales in diverse città, incluso uno in piazza Duomo a Milano, che celebrano la memoria della giovane.
Educazione e cultura al centro del cambiamento
La Fondazione si propone di educare e sensibilizzare per creare un futuro più equo. Tra le iniziative annunciate, ci sono programmi scolastici e formativi che mirano a diffondere pratiche di rispetto e parità, non solo tra i giovani, ma anche nel mondo del lavoro. Un altro pilastro del progetto riguarda la narrazione mediatica: la Fondazione collaborerà con il mondo dell’informazione per ridurre fenomeni di vittimizzazione secondaria e migliorare il racconto delle vicende legate alla violenza di genere.
Durante la presentazione, il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè ha ribadito la necessità di un impegno collettivo: ««Siamo qui per fare rumore. Un grido. E lo diciamo agli uomini: nessun di loro o di noi si chiami fuori. L’idea di Gino Cecchettin di presentare la Fondazione alla Camera dei deputati mi ha molto sorpreso e commosso. Lo facciamo nel nome di Giulia, guardando avanti, guardando la necessità di formare e parlare, confrontarsi soprattutto con i giovani per un’educazione affettiva che evidentemente oggi è carente. Qui non c’è differenza tra partito e ideologia, c’è un interesse comune che è quello di un approccio nuovo e diverso all’affettività, al modo di comportarsi e di avere rispetto, soprattutto delle donne». Mulè ha definito la giornata come un momento cruciale in vista del 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Critiche e riflessioni sul contesto sociale
La presentazione non è stata priva di tensioni. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha parlato di «residui di machismo» da combattere, ma ha anche legato l’aumento della violenza sessuale a fenomeni di immigrazione illegale, suscitando reazioni critiche. La sorella di Giulia, Elena Cecchettin, ha risposto con fermezza: «Non faccia propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e ’per bene’».
La ministra per le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, ha invece posto l’accento sulla necessità di affrontare il problema su più fronti: «La violenza affonda le sue radici nella storica asimmetria di potere fra uomini e donne e potremmo aspettarci che le battaglie condotte e vinte dalle donne, il grande cammino di libertà che abbiamo compiuto negli ultimi decenni abbia prodotto una riduzione del fenomeno. Pensiamo alle leggi contro la violenza, molto tardive, pensiamo alle attenuanti sul delitto d’onore, al matrimonio riparatore. Nonostante questo lungo e faticoso cammino di libertà e il radicale cambiamento di mentalità e atteggiamenti culturali, il tasso di violenza e il numero di femminicidi non è diminuito. E deve farci pensare il fatto che la percentuale di femminicidi è alta in tutta Europa. C’è qualcosa di radicato che non riusciamo a combattere». E ha ricordato che le leggi sono uno strumento essenziale, ma non sono sufficienti, serve un confronto serio e condiviso.