Gavino Piredda si è reso disponibile per una breve intervista, dove ci fa conoscere da vicino il ruolo (spesso poco preso in considerazione) dell’inchiostratore nel mondo del fumetto. Dopo l’intervista troverete una gallery con alcune tavole lavorate da Gavino, direttamente da Tomb of Dracula.
CB: Cosa ci racconti di te?
GP: Dunque, cominciamo col presentarci: mi chiamo Gavino Piredda, sono di Sassari, sono un insegnante (precario, ovviamente!) e un grafico pubblicitario; ovviamente, sono un appassionato di disegno e di fumetti.
Così, ho sempre disegnato, sebbene fondamentalmente per puro diletto. Negli ultimi anni, ho realizzato, comunque, alcuni lavori: storie a fumetti destinate a siti specializzati nel settore (ad esempio, per il marchio Alien Press, un episodio di Freak Division, su sceneggiatura di Alessandro Scalmani, uno degli autori di Debbie Dillinger). Inoltre, ho realizzato alcune brevi storie di genere erotico, per lo sceneggiatore Enrico Teodorani, pubblicate negli albi Letizia Bruni e Adult Frankenstein, quest’ultimo pubblicato anche negli USA.
Ultimamente, sto cercando di propormi ad editori, sia italiani che stranieri: ho già provato con Marvel (prove come matitista e come inchiostratore).
CB: In che modo cerchi di proporti?
GP: Beh, direi nei modi soliti: preparo del materiale mirato per quel determinato editore, e poi, o lo spedisco, ovviamente corredato da una lettera di presentazione, oppure, se ci sono manifestazioni dove sono presenti gli editori che mi interessano, cerco di andarci. Non sempre questo è possibile, ma la rete offre possibilità nuove per prendere contatto con editori e professionisti del settore. Naturalmente, non mi faccio certo illusioni: è, quello dei fumetti, un campo molto difficile. Diciamo che, dal momento che disegnerei comunque, non ho nulla da perdere nel preparare delle cose da proporre agli editori. In ogni caso, ho il mio lavoro.
CB: Parlaci dell’importanza del ripasso a china.
GP: Dunque, va detto che per lungo tempo, questo passaggio era assolutamente indispensabile: non era praticamente possibile, infatti, ricavare delle pellicole decenti da un disegno a matita, a meno di non utilizzare matite particolarmente grasse (e perciò non molto adatte a disegnare fumetti). Con l’avvento della tecnologia digitale, soprattutto con software come Photoshop, il problema, dal punto di vista tecnico, è risolto: è possibile, infatti, ricavare dei neri perfetti modificando il disegno a matita, tramite programmi come questi; naturalmente, il disegno deve essere completo in ogni suo dettaglio, e la tavola deve essere il più possibile pulita.
In ogni caso, la figura dell’inchiostratore esiste tuttora: il ripasso a china costituisce, spesso, un abbellimento ed un arricchimento del lavoro a matita, ed esistono inchiostratori leggendari per la loro bravura (posso citare, tra questi, gente come Tom Palmer, Joe Rubinstein, Mark Farmer, Klaus Janson, Al Williamson…). Inoltre, ripassare a china i disegni mi pare consigliabile in lavori che dovranno poi essere colorati con programmi digitali, come avviene ormai abitualmente.
Gli strumenti utilizzati dagli inchiostratori sono fondamentalmente due: il pennino e il pennello. Esistono pennini e pennelli di diverse misure e caratteristiche: ogni artista ha, ovviamente, le sue preferenze. Per quanto riguarda i pennini, attualmente vengono utilizzati diversi tipi di pennarelli, con punte di diverso spessore, che offrono il vantaggio di una notevole pulizia e di grande rapidità di esecuzione. Per quanto riguarda i pennelli, questi devono essere di martora, o sintetici. Va detto, comunque, che attualmente si trovano in commercio penne speciali, con la punta a pennello, dalle prestazioni notevolissime, che offrono il vantaggio di una maggiore facilità d’uso, oltre che una maggiore rapidità nell’esecuzione. In ogni caso, ripeto, ogni artista ha le sue preferenze.
Personalmente, io utilizzo sia penne che pennelli: la penna per particolari tecnici, architettonici, armi eccetera; il pennello per tutto il resto. Tuttavia, penso che proverò queste nuove penne con punta a pennello: le ho viste usare, e mi sembrano davvero eccezionali.
CB: Quali sono i tuoi idoli nel campo del fumetto?
GP: Qua, è davvero dura: infatti, sono moltissimi gli autori che amo. Proviamo a dare un ordine. In Italia: Gallieno Ferri, Galep, Claudio Villa, Hugo Pratt, Dino Battaglia, Sergio Toppi, Claudio Castellini, Tanino Liberatore. Ma ne ho tralasciato molti altri!
In USA sicuramente quelli classici: John Buscema, Jack Kirby, John Romita Sr., Gene Colan, Neal Adams, Gil Kane; e poi Frank Miller, John Romita Jr, Walt Siminson, George Perez, Jim Starlin, Lee Weeks, David Mazzucchelli, Michael Lark… e tanti altri!
In Europa: Brian Bolland, Dave Gibbons, Alex Maleev, Bilal, Moebius. In Sud America: Breccia (Alberto ed Enrique), Gimenez, Salinas, Mandrafina, e, soprattutto, il grandissimo Carlos Gomez! Questi, invece, sono i miei inchiostratori preferiti: Mark Farmer, Tom Palmer, Joe Rubinstein, Klaus Janson, Al Williamson.
CB: Quali sono le facilità nell’inchiostrare un disegnatore?
GP: Premesso che non sono un professionista del settore, appare chiaro che esistono disegnatori più facili e più difficili da inchiostrare. Ciò può dipendere da diversi fattori. Intanto, dal grado di finitezza della tavola a matita: è chiaro che se le matite sono complete e pulite, il compito dell’inchiostratore diventa molto più meccanico, direi calligrafico. Non deve fare altro che ripassare il disegno nel modo migliore possibile, senza aggiungere niente. Diverso è il discorso se le tavole sono meno dettagliate, meno finite, o addirittura solo schizzate: allora l’inchiostratore diventa fondamentale, e, anzi, sarà proprio lo stile dell’inchiostratore a dare l’impronta decisiva alla tavola. Il che significa un’altra cosa: se l’inchiostratore non è adatto al matitista, il risultato finale non sarà all’altezza della situazione. Chi segue i Comics americani, avrà sicuramente visto più volte situazioni del genere.
Ultimamente, sto preparando delle prove di inchiostrazione da spedire alla Marvel, e mi sto cimentando nel ripassare a china diversi disegnatori. Finora, ho inchiostrato tavole di Colan, Byrne e Lark. Posso dire che il più impegnativo mi è parso Colan, dal momento che le sue matite sono molto pittoriche, e quindi diventa difficile rendere, con la china, tutti i passaggi chiaroscurali che la matita permette. Byrne è certamente più lineare, più semplice da interpretare. Lark è un po’ più difficile, occorre un po’ più di tempo per capirlo.