Un altro colpo basso per il nostro sistema di istruzione superiore: la corruzione sembra dura a morire nel nostro Paese e riesce ad arrivare fino ai piani alti dell’Università. Nella giornata di ieri è arrivata la notizia che sette professori universitari di importanti atenei italiani, tutti docenti di diritto tributario, sono stati arrestati per corruzione e per avere truccato un concorso. Molti di più sono gli indagati (si parla di 59 persone) e per ben 22 è scattata l’interdizione dall’insegnamento per 12 mesi.
A denunciare il misfatto è stato proprio uno dei candidati all’ultimo concorso per l’abilitazione all’insegnamento di Diritto Tributario, Philip Laroma Jezzi, il quale ha raccontato di essere stato contattato da alcuni professori che lo avrebbero “invitato” a ritirare la sua domanda al concorso per favorire un altro ricercatore con un curriculum inferiore e promettendo, in ritorno, di fargli ottenere l’abilitazione al concorso successivo.
Come riporta Repubblica, Larome Jezzi presenta la domanda di abilitazione a professore associato e ordinario il 22 novembre 2012 presso lo studio del famoso tributarista Pasquale Russo, il quale, nel marzo 2013 lo convoca per un colloquio nel suo studio per convincerlo a ritirarsi dal concorso perché i vincitori sono stati già decisi a tavolino. “Con che criterio sei stato escluso dal concorso? Col vile criterio del commercio dei posti”, spiega Russo al ricercatore (le chiamate sono state registrate), “Non è che tu non sia idoneo, è che non rientri nel patto del mutuando”.
“Come si fa ad accettare una cosa simile? Tu non puoi non accettare. Che fai, ricorso? Però così ti giochi la carriera. Qui non siamo sul piano del merito Philip. Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano”, riferendosi alla doppia nazionalità del ragazzo. Parole agghiaccianti quelle di Russo, ma che non fermano Laroma Jezzi, il quale non ritira la domanda, viene bocciato al concorso, fa ricorso al Tar e vince, diventando associato.
Il ricercatore ha registrato due conversazioni importanti e una volta fatta la denuncia, la Guardia di Finanza è intervenuta. Come funzionava il sistema di selezione? Non certo per merito. Lo spiega lo stesso Russo, come riporta sempre Repubblica: “Funziona così: a ogni richiesta di un commissario corrispondono tre richieste provenienti dagli altri commissari: io ti chiedo Luigi e allora tu mi dai Nicola e tu mi dai Saverio. Non è che si dice è bravo o non è bravo. No, si fa: questo è mio, questo è tuo, questo è tuo, questo è coso, questo deve andare avanti per cui…”.
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