TESINA MATURITÀ SULLA DANZA: ARGOMENTI E COLLEGAMENTI
Il termine danza deriva da un’antica radice sanscrita, il cui significato originario è tensione: tensione muscolare, tensione della colonna vertebrale, del respiro, ed al tempo stesso, tensione dell’uomo tra cielo e terra e dell’anima verso il suo Dio.
La danza è energia vitale, creativa, è espressione completa della persona, è pratica di consapevolezza corporea ed in quanto tale può divenire via di guarigione, regola di vita o anche via di accesso ad una dimensione di assoluto. Si può considerare danza un evento psicopatico, perché attraverso il corpo, nella sua totalità, vengono espresse emozioni, sensazioni che determinano un cambiamento nella persona, la quale avverte un ampliamento delle proprie potenzialità percettive, partecipando ad un percorso creativo, individuale e collettivo. Si tratta di un viaggio alla ricerca della propria identità, riscoprendo le proprie radici, che mette l’uomo contemporaneo in relazione con popoli lontani.
La danza è un potente ed antichissimo canale di espressione, che attraverso la sua lunghissima storia ha perso, in alcuno periodi, la sua funzione fortemente catartica e comunicativa per poi ritrovarla nella danza moderna.
TESINA SULLA DANZA: STORIA DELLA DANZA
La danza nell’antichità
La danza ha tradizioni antichissime. E’ infatti la prima forma espressiva che l’uomo abbia mai sperimentato con il suo corpo in quanto il corpo ne è il linguaggio: lo strumento di comunicazione. Per gli uomini primitivi la danza era un rito. Essa serviva a creare un contatto con le divinità ed era inoltre un’attività sociale. Infatti i momenti più importanti della vita della gente (il fidanzamento, il matrimonio, la nascita, la malattia, la morte) e gli eventi che si susseguivano (la caccia, la pioggia, la siccità, il raccolto, la vendemmia, la guerra, la vittoria) erano officiati tramite danze che coinvolgevano l’intera comunità.
Anche in seguito nella cultura greca e romana la danza continuò ad essere un fenomeno di “massa”, per lo più legato ai riti propiziatori o alle grandi festività in onore di un dio. Erano danze promiscue in cui la folla si sfrenava e si liberava dal peso della povertà o da un’esistenza difficile. Con l’avvento della religione cristiana, che considerava il corpo peccaminoso, la danza venne ritenuta una manifestazione del male. Essa quindi non fu più legata alla religiosità ed al rito anche se, pur divenendo una disciplina regolata da rigide leggi e ferree imposizioni, fu mantenuta viva nella tradizione attraverso il lavoro dei nuovi artisti girovaghi, quali mimi, menestrelli e buffoni che giravano le città d’Europa.
Tesina sulla danza. La danza nel Rinascimento
In quell’epoca la vita di corte era il fulcro della vita sociale di ogni Stato e fu nelle corti che la danza divenne il modo per poter comunicare, tanto che arrivò a condizionare le regole sociali. Essa era parte integrante nei grandiosi intrattenimenti organizzati per celebrare matrimoni o mostrare la ricchezza ed il potere dei nobili. Nelle rappresentazioni vi era un misto di recitazione, musica, danza e pantomima arricchito da processioni con effetti spettacolari e sfarzosi e stravaganti costumi. Questi costumi erano ingegnosi ed estrosi, decorati con simboli che permettevano al pubblico di riconoscere i personaggi della storia ma, essendo molto ingombranti e pesanti, limitavano di molto i movimenti. Le storie erano ispirate ai miti dell’antica Grecia e di Roma o basate su temi particolari quali le stagioni dell’anno, il mondo della natura o le terre lontane.
All’inizio i balletti di corte venivano interpretati dagli aristocratici e dai reali nelle sale e nei giardini dei loro palazzi e le danze erano considerate un modo per rallegrare la vita di corte che altrimenti sarebbe stata monotona e noiosa. Pertanto, saper danzare era una necessaria qualità sociale dei nobili e faceva parte della loro educazione sin dall’infanzia. Nel Rinascimento, infatti, nacque la nuova figura del maestro di danza professionale che inse-gnava i passi, i gesti, le giravolte e gli inchini. Fin da bambini i figli dei nobili apprendevano l’arte del danzare quale materia fondamentale nella loro istruzione. Uno dei maestri più famosi di quel periodo fu Guglielmo Ebreo di Pesaro, che scrisse a metà del ‘400 i trattato “De praticha seu arte tripudii vulghare opusculum” nel quale codificava le sei qualità del perfetto danzatore: misura ovvero abilità di misurare il tempo; maniera o coordinamento dei movimenti; memoria, la facoltà di ricordare i passi appresi; partire del terreno ovvero distanze e limitazioni del luogo; aire ovvero il modo di presentarsi; movimento corporeo, cioè il perfetto danzare. Con l’avvento del maestro di danza emerse, di conseguenza, la ne-cessità di memorizzare i passi che da quel momento in poi furono basati su regole ben pre-cise e la danza di corte cessò di essere improvvisazione per conseguire una sua tecnica de-finita abbinata a combinazioni di passi codificati.
Il primo balletto del quale si conosce la coreografia, la musica ed il libretto originale è Le Ballet Comique de la Reyne rappresentato a Parigi il 15 ottobre 1581 nel salone del palazzo del Duca di Borgogna alla presenza della famiglia reale per le nozze del duca di Joyeuse con Margherita di Vaudemont. La coreografia fu di Baldassarino da Belgioioso per lo spet-tacolo, dal tema omerico che rappresentava Circe e le ninfe, composto da recitazione, mu-sica, canto e danza.
Altro avvenimento decisivo per la diffusione della danza professionale fu l’istituzione della prima scuola di ballo per i nobili avvenuta a Milano nel 1545, in cui si formò proprio quel Baldassarino da Belgioioso che ebbe l’incarico di allestire il celebre spettacolo in onore delle nozze di Margherita di Vaudemont al quale assistette una folla immensa superiore addirittura alla capienza della sala per una rappresentazione che durava cinque ore e mezza.
La salita al trono di Francia di Luigi XIV, che fu un appassionato ed abile ballerino (fu so-prannominato il Re Sole in quanto interpretò il ruolo di Apollo ne’ Le Ballet de la Nuit a soli 15 anni), favorì la valorizzazione e l’evoluzione del balletto che si impose al gusto ed alla sensibilità del pubblico.
Infine, però, diventò impossibile per questi danzatori, per così dire amatoriali, raggiungere lo standard richiesto dai maestri di danza e dai compositori ed allora balletto ed opera ini-ziarono il loro sviluppo indipendente. Il Re Sole nel 1661 fondò l’Académie royale de la danse e nel 1672 la Scuola Nazionale di Danza. Fu proprio il primo direttore dell’Accade-mie, Charles Louis Beauchamps (1636-1719), a codificare le cinque posizioni dei piedi e l’uso dell’en dehors che è alla base della danza classica. Cominciarono così a formarsi i primi ballerini professionisti e la danza si spostò dalle corti ai teatri pubblici grazie anche ad un compositore italiano, naturalizzato francese, Jean Baptiste Lully, nominato direttore dell’Accademie e maitre de la musique royale.
Nel 1681 venne rappresentato Il Trionfo dell’Amore: il primo balletto in cui appaiono in scena ballerine professioniste. Fino ad allora i ruoli femminili, quando interpretati da pro-fessionisti, erano stati infatti sempre eseguiti da uomini e alla fine del Seicento nasceva l’opéra-ballet, spettacolo in cui la danza e il canto avevano un rilievo paritario. Il Trionfo dell’Amore rappresentò una data storica per il balletto in quanto apportò una trasformazione sostanziale sull’esecuzione e sviluppò una vera e propria competizione tra i ballerini dei due sessi costringendo gli esecutori solisti a ricercare passi sempre più complicati.
L’affermarsi del teatro pubblico rese inutili le rappresentazioni di corte e si andò diffondendo sempre più l’esigenza, anche se ancora riservata ai nobili, di partecipare agli spettacoli nel nuovo luogo deputato all’intrattenimento soprattutto grazie all’esempio di Luigi XIV che assisteva frequentemente alle rappresentazioni.
Tesina sulla danza. Il Secolo dei Lumi
Nel XVIII secolo si sviluppò la necessità di dare alla coreografia un soggetto, una storia da mostrare agli spettatori. Con l’avvento dell’Illuminismo le danzatrici, che avevano imparato il mestiere nelle Accademie, divennero richieste e ricercate più dei colleghi danzatori e la danza cominciò ad espandersi un pò dovunque spostandosi nei luoghi di ritrovo pubblici e conquistando borghesi ed intellettuali. L’invenzione del pianoforte nel 1711 da parte di Bartolomeo Cristofori agevolò in modo consistente lo sviluppo dell’interesse della gente e consentì alle Accademie di formare danzatori sempre più abili e dotati.
Nel 1700 il maestro di danza francese Raoul Auger Feuillet pubblicò il trattato “Choréo-graphie e L’Art de décrire la Danse” che descriveva, oltre alle cinque posizioni di base, numerosi passi di danza, tra i quali il plié, il glissé, e la cabriole ed indicava un sistema per annotare i passi di danza.
Nel 1760 Jean Georges Noverre (1727-1810) pubblicò il trattato “Lettere sulla danza” nel quale invocava l’unità di danza, musica e scenografia e l’eliminazione delle danze per pro-prio piacere. Tra l’altro egli si battè per l’abolizione degli scomodi e pretenziosi costumi fatti di crinoline e rigide sottogonne armate di cerchi. A quell’epoca i costumi femminili, pur se molto belli e preziosi, essendo lunghi e pesanti, impacciavano enormemente il movimento che non era neppure agevolato dalle scarpe in uso che erano con tacco alto e spesso a spillo. Gli uomini, inoltre, indossavano una specie di tunica (tonnellet) che arrivava al ginocchio che dava la sensazione di un tutù. La dimensione notevole dei costumi non consentiva di danzare insieme e, pertanto, la danza si svolgeva a distanza obbligata ed il minuetto, fatto di inchini e passi scivolati, era il tipo di danza più in voga. Inoltre, grazie all’intervento di Noverre, l’uso delle maschere, che toglieva ogni possibilità espressiva al danzatore, fu soppresso nel 1772.
Nella sua riforma Noverre, a cui si devono le coreografie di oltre centocinquanta balletti, portò ad una divisione netta tra danza meccanica e danza d’azione intendendo egli per la prima la danza che si affidava al puro tecnicismo e per la seconda quella che si basava su un racconto che per essere capito aveva bisogno dell’apporto sia della pantomima che della danza pura e quindi necessitava di sentimento, espressività ed energia capace di commuo-vere ed interessare.
In polemica col Noverre fu il fiorentino Gasparo Angiolini (1731-1803), il coreografo ita-liano che contribuì all’evoluzione pantomimica della danza (misurata per l’italiano, cammi-nata per il francese), il quale rimproverava al suo collega francese, nelle sue “Lettere sopra i Balli Pantomimi” (1773), di essere troppo basato su concetti affermando egli che l’opera del coreografo dovesse basarsi soprattutto sull’ispirazione e sull’estro creativo e non dovesse essere condizionata dai precetti.
Tesina sulla danza. Il balletto romantico
Salvatore Viganò (1769-1821) fu l’anello di congiunzione che legò nella danza il Classici-smo con il Romanticismo: l’uomo destinato a risolvere i problemi stilistici di Noverre ed Angiolini. Egli, infatti, puntò soprattutto sull’esaltazione della danza rappresentando i suoi temi in movimento in modo espressivo e nello stesso tempo disciplinato in quel genere detto “coreodramma” cioè l’azione espressa in termini di danza.
L’Ottocento fu anche il secolo della “ballettomania” che esplose soprattutto in Russia dove il balletto e le ballerine diventarono dei veri e propri idoli ed il balletto classico si rivelò una delle tendenze culturali ed artistiche più seguite ed amate. Il fondatore della scuola russa fu Charles-Louis Didelot (1767-1836), ma all’italiano Carlo Blasis (1795-1878) si deve il passaggio dalla grande scuola accademica francese a quella italiana che costituì l’elemento saldatore tra la danza classica ed il balletto romantico. Blasis, uomo molto colto, danzatore, coreografo, insegnante di danza, compositore di musica, scrittore, disegnatore, filosofo, scrisse numerosi trattati e manuali sulla didattica della danza ed è considerato il fondatore di un metodo vero e proprio di danza dal quale discenderanno i grandi maestri del tardo Ottocento e del primo Novecento. Dalla sua scuola uscirono splendidi interpreti ed il suo insegnamento fu destinato ad avere una grandissima influenza su tutto il balletto futuro tanto che si può dire che la scuola del Blasis può essere considerata ancora oggi la scuola del ballerino classico accademico.
Il balletto romantico ebbe inizio intorno al 1830 in un’epoca in cui la tecnica della danza si era ormai consolidata ed era giunta al perfezionamento del suo stile. Una delle principali caratteristiche del balletto romantico fu adeguarsi alla sua epoca. Era finito il tempo del minuetto, adesso impazzava il valzer, la cui apparizione avveniva verso la fine del ‘700. Il primo balletto nel quale si eseguì un valzer fu La Dansomania di Pierre Gardel (1800). Non più dunque ballerini che si tenevano per mano a debita distanza ma una danza che impe-gnava e coinvolgeva la coppia unita. Ed i soggetti dei balletti abbandonarono, quindi, gli argomenti classico-mitologici per ispirarsi alla letteratura ed ai racconti di carattere roman-tico dell’epoca. La ballerina diventò il simbolo della donna immateriale e, mentre le scar-pette da punta la resero aerea dando la sensazione del sollevarsi da terra di un corpo senza pesantezza, la vaporosità del tutu bianco la fecero sembrare evanescente e soprannaturale come uno spirito. Le storie dei balletti erano incentrati su amori infelici e impossibili, per-meate da malinconia.
Il primo balletto romantico fu La Sylphide. Questo balletto, che andò in scena all’Opéra di Parigi il 12 marzo 1832, è legato al nome di una grande ballerina: Maria Taglioni, per la quale il padre Filippo compose la coreografia che trasformò esteticamente il concetto di danzatrice anche grazie, al soggetto del balletto, al tutù creato per la protagonista e le scar-pette da punta calzate da Maria. Altra data fondamentale per il balletto romantico fu quan-do andò in scena il 28 giugno 1841, sempre all’Opéra di Parigi, Giselle.
L’Ottocento fu il secolo delle grandi ballerine e dei grandi balletti: Il Lago dei Cigni, Lo Schiaccianoci, La Bella Addormentata ma, soprattutto, fu il secolo del grande balletto russo, delle splendide musiche di Piotr Ilic Ciaikovskij e dello straordinario coreografo Marius Petipa (1862-1910). In Russia, anche ad opera dei grandi maestri occidentali e delle grandi ballerine italiane, il balletto romantico raggiunse la sua massima evoluzione sia sul piano tecnico-virtuosistico che sul piano artistico ed interpretativo.
Il secolo si concluse con Isadora Duncan (1878-1927) che diede un impulso nuovo e vigoroso alla danza e che gettò le basi della danza moderna rinnegando i luoghi e i gesti comuni del balletto classico per danzare scalza e coperta di veli in modo da rendere la danza una questione di ritmo e di corpo.
Tesina sulla danza: Il Novecento
Il XX fu il secolo della sperimentazione sulla nuova danza. All’inizio del Novecento nac-quero i Ballets Russes (1911), che dopo un periodo iniziale a carattere viaggiante, si stabi-lirono presso l’Opéra di Montecarlo sino allo scioglimento avvenuto nel 1929 a seguito della morte improvvisa del fondatore Serge Diaghilev. Il nucleo iniziale era composto dai grandi ballerini russi, emigrati dai Teatri imperiali, quali Vaslav Nijinskij e Tamara Karsavina. Primo coreografo della Compagnia fu Mikhail Fokine fino al 1912 quando il giovane, ma già affermato ballerino, Nijinskij decise di dedicarsi anche alla coreografia. Dal 1915 al 1920 fu la volta di Leonide Massine che nel 1925 si alternò con Bronislava Nijinskij, sorella di Vaslav, la quale aveva iniziato a collaborare con la compagnia nel 1922, fino alla scoperta di Georges Balanchine (1904-1983) nel 1925. Determinante per la crescita dei Ballets Russes fu pure l’opera prestata in qualità di maître de ballet da Enrico Cecchetti (1850-1928) che collaborò con gli stessi dal 1909 al 1918. Il suo insegnamento ed il suo metodo, racchiusi in un trattato a cura del ballerino Idzikovski, pubblicato dalla casa editrice Beaumont di Londra, influenzeranno tutto il ‘900. L’intuizione di Diaghilev, l’esplosiva personalità di Nijinskij e le grandi musiche di Igor Stravinskij: questo trio di grandi artisti cambiò i connotati della danza mondiale.
La danza esplose anche negli Stati Uniti dove nacquero compagnie di alto livello interna-zionale per merito anzitutto di Martha Graham (1894-1991) e di George Balanchine che, trasferitosi nel 1934 a New York per dirigere la scuola dell’American Ballet, fondò l’omo-nima compagnia, divenuta la più prestigiosa degli Stati Uniti, e nel 1946 il Ballet Society (dal 1948 denominato New York City Ballet). Le raffinate coreografie di Balanchine, crea-tore di uno stile di danza astratta permeata però da una salda estrazione accademica, furono e sono ancora oggi tra le più applaudite in tutto il mondo
La danza del ‘900 e del nostro secolo deve tanto a questi artisti coraggiosi e pieni di talento e, grazie a loro, oggi possiamo annoverare altri stili ed altri “grandi” che si sono succeduti nel tempo: Kenneth Mac Millan, John Cranko, Pina Bausch,Jerome Robbins, John Neu-meier, Mats Ek, Merce Cunningham, Roland Petit, Maurice Béjart, solo per citarne alcuni, e sempre ed, ancora, sempre nuovi creatori di danza per quest’arte che non avrà mai fine.
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