Era il Re di Cleveland, poteva diventare il Messia nella Grande Mela, l’anti-Kobe nella parte storicamente ‘sfigata’ della città degli Angeli, far rivivere il mito di Michael Jordan indossando la sua stessa casacca ma alla fine ha scelto South Beach. “The Decision”, com’è stato ribattezzato l’evento mediatico trasmesso da Espn in cui ha comunicato al mondo in che squadra giocherà il prossimo anno, ha stravolto gli assetti dell’intera lega, lasciando poco più delle briciole alle restanti 29 franchigie Nba: LeBron James per i prossimi 5 anni vestirà la maglia numero 6 dei Miami Heat, andando a formare un trio inarrivabile insieme a Dwyane Wade (il vero re di South Beach) e Chris Bosh, appena sbarcato in Florida dopo aver salutato i Toronto Raptors.
The Choosen One (
Il Prescelto) aveva davanti a sé tante opzioni allettanti, tante ipotesi stimolanti per la sua carriera agonistica e per il conto in banca: oltre alla sua ex squadra, i
Cleveland Cavaliers, lo hanno corteggiato i
New York Knicks, New Jersey Nets, Chicago Bulls e i
Los Angeles Clippers. Ha scelto, come lui stesso ha spiegato, la squadra
“che gli darà le maggiori opportunità di vittorie, adesso e in futuro”. L’ipotesi Heat si era fatta largo nelle ore antecedenti all’annuncio di LeBron, che ha ammesso di essere stato molto combattuto in questi giorni: “
L’ultima volta che ho cambiato idea è stata stamattina, dopo aver parlato con mia madre. Non posso dire che Miami è sempre stata nei miei piani, perché non pensavo fosse possibile. Ma la franchigia ha liberato spazio salariale riuscendo a mettersi nella posizione di ingaggiare tutti e tre, sarebbe stato difficile rifiutare”. Il riferimento è ovviamente a Dwyane Wade e Chris Bosh, che hanno anticipato James nella sua scelta:
“Sono due grandi giocatori, due dei migliori giocatori in circolazione oggi”. Si riformano così a Miami i “Big Three”, dopo che il terzetto creatosi a
Boston (
Pierce, Garnett, Allen) ha portato ai
Celtics un titolo e una Finale in tre anni. Gli Heat adesso sono inevitabilmente destinati a dominare ad Est, nonostante il roster dovrà essere completato da giocatori al minimo salariale per via del salaray cap (tetto-stipendi) imposto dalla Nba. Tra i critici è opinione comune che tre galli nel pollaio, soprattutto del livello di James, Wade e Bosh (seppur per quest’ultimo con le dovute proporzioni rispetto agli altri due fuoriclasse) sono troppi e che la decisione di LeBron, di andare in “casa Wade” per cercare di vincere qualcosa, è un po’ uno smacco per la sua immagine. Ma vivere sulle assolate spiagge di South Beach e non nel ‘mistake by the lake’, come è stata ribattezzata la città di Cleveland, è una scelta senz’altro condivisibile…
L’annuncio di LeBron ha gettato nello sconforto Cleveland, la sua città, che si è sentita tradita dal suo Re ma soprattutto New York, che sulle due sponde, Knicks e Nets, sognava anni di gloria grazie all’arrivo del Prescelto. In particolar modo la franchigia simbolo della Grande Mela, i Knicks, stava lavorando da anni per programmare l’ingaggio di James, smantellando il roster e rinunciando a diverse prime scelte future. La città è a pezzi, i tifosi newyorkesi, i più caldi dell’Nba, pregustavano di vedere LeBron all’opera con i loro gloriosi colori ma la pochezza del roster allenato da Mike D’Antoni, che come talenti puri ha a disposizione solo il neoarrivo Stoudemire e il nostro Gallinari, ha indotto James a declinare l’offerta proveniente dalla Grande Mela. Il presidente dei Knicks Donnie Walsh, secondo quanto riportato dal New York Post, potrebbe addirittura decidere di ritirarsi dopo il fallimento dell’operazione James, obiettivo primario della politica societaria della franchigia newyorkese. “Il cammino verso la Storia comincia adesso”, ha twitterato LeBron dopo il suo annuncio. Fermare i Miami Heat sarà impresa ardua per chiunque…