Ancora qualche nuvola inopportuna si ostina a resistere all’ormai inevitabile vittoria della primavera. Perfino in città si percepiscono gli odori primaverili, quegli odori che solitamente si insinuano nel casco quando si esce in moto nel fine settimana, che s’intensificano all’allontanarsi dai grandi centri urbani e che con grande semplicità ci riportano alla mente i giorni felici dell’infanzia.
Sì, andare in moto è anche un po’ questo, ma in fin dei conti non solo in moto: basta tenere i finestrini dell’auto aperti per riappropriarsi del piacere di andare a zonzo a scoprire strade, luoghi, storie e sapori.
Questa volta il giro lo facciamo in moto, proprio per goderci la primavera che s’insinua nel casco, per spronare i centauri a ritirar fuori il loro mezzo e godersi un giro facile, ma ricco, alla scoperta di mete note e vicine, ma di cui forse non si conosce proprio tutta la storia.
Lazio, itinerari in moto: da Roma a Cassino
Si parte presto da Roma, prima che la città abbia tempo di destarsi con le sue perenni problematiche e si comincia con un breve tratto autostradale, imboccata la Roma-Napoli, giusto per raggiungere la prima meta, il vero punto di partenza del nostro girovagare: Cassino.
Ad arrivare qui dall’autostrada, non sembra proprio quel paradiso verde che accennavamo all’inizio, quanto piuttosto un centro urbano più piccolo di Roma, indubbiamente, ma non meno trafficato. Tranquilli, basta inerpicarsi per Monte Cassino (che in realtà è un colle), in direzione della famosissima abbazia, per elevarsi al di sopra del frastuono.
Inevitabile una visita al luogo di culto, fondato da San Benedetto da Norcia nel 529, come inevitabile, percorrendo la strada che qui conduce, è un’altra sosta al Museo della Battaglia di Monte Cassino svoltasi nel 1944 e che rappresenta il ricordo più buio della città che, in quell’occasione, vide piovere dal cielo tonnellate di bombe che distrussero abbazia e centro abitato.
Cominciando a familiarizzare con i famosi profumi di primavera, nei silenziosi giardini dell’abbazia, possiamo fare due considerazioni e scoprire i protagonisti di questo nostro viaggio.
Girando per il luogo di culto ne scopriamo la storia ed apprendiamo che il santo umbro scelse questo luogo perché isolato e perfetto per la contemplazione, certo, ma anche perché qui si trovavano i resti di un antico tempio pagano da cristianizzare.
Sì, perché Casinum era già una florida città fedele a Roma, tanto fedele da non consegnarsi nelle mani di Annibale, durante la seconda guerra punica, come molte altre città fecero, rimanendo fedele agli accordi che la legavano alla città nemica di Cartagine. Ma prima ancora dei romani, che nel IV secolo a.c. su quest’altura edificarono un tempio ad Apollo (quello su cui poi San Benedetto costruirà il suo monastero) e nella valle sottostante una colonia, qui c’erano i Volsci. A dire il vero, qui sono state trovate tracce umane risalenti al neolitico, a quando cioè, oltre novemila anni fa, l’uomo intuì che poteva avere cibo piantando semi e crescendo animali in cattività.
I Volsci, dicevamo: questa popolazione riassunta in un paragrafetto nei libri di storia, una volta occupava tutto il territorio che da Cassino andava verso il mare, pressappoco le odierne province di Frosinone e Latina, e nel VI secolo avanti Cristo, quando Roma era ancora una delle tante città stato d’Italia, rappresentava il suo limite d’espansione a sud.
Possiamo approfondire un po’ di storia al Museo archeologico nazionale G. Carettoni di Cassino, proprio sulla strada che ci riporta in città, dove, oltre a numerosi reperti, statue e sarcofaghi di tutte le epoche che abbiamo nominato, dà la possibilità di accedere all’area archeologica che contiene le mura megalitiche, l’anfiteatro romano, il mausoleo di Ummidila Quadrata, il teatro ed il ninfeo Ponari.
Lasciamo quindi Cassino e raggiunta la vicina Pontecorvo, puntiamo per Esperia e finalmente incontriamo quel piacere di guida che abbiamo abilmente ritardato affinché ora sia ancor più intenso. Boschi, strade piccole, ma abbastanza pulite, cave di roccia che si aprono all’improvviso su un lato: insomma, una quindicina di chilometri di puro piacere di guida, per poi tornare su una più spaziosa provinciale che, scendendo fra i colli, brevemente ci porta alla nostra seconda tappa.
Lazio, itinerari in moto: da Cassino a Gaeta
Si passeggia in sesta sul lungomare, ci si gode la passeggiata attraversando la parte nuova della città, guidati dal castello Angioino che sovrasta la città vecchia.
Ancora una volta, cerchiamo prima una veduta dall’alto, per goderci il panorama, quindi seguiamo la strada che sale fino al castello. Di questa fortificazione rimangono testimonianze già dal VI secolo, mentre sappiamo che sotto la dominazione Sveva, nel 1223 per l’esattezza, Federico II fece erigere le fortificazioni che ancora lo proteggono.
Un luogo talmente strategico e ben difeso che oggi è la sede della Guardia di Finanza che qui ha la scuola navale, vista anche la naturale propensione alla marineria della città.
Guardando il golfo dall’alto, si riesce con un po’ di fantasia ad immaginare che perfetto approdo fosse questo per i coloni greci che vi giunsero nel VIII secolo a.c.. Una cavità, kaieta in greco, nella costa in cui riparare le navi e proteggerle dall’alto. Ed il percorso di questo luogo, dalla kaieta dei greci, con la vegetazione che arrivava fino a lambire il mare alla nostra Gaeta, con le marinerie di diporto, le basi navali militari e le flotte di pescherecci, è un tutt’uno con la storia marinara del Mediterraneo.
In epoca romana era una rinomata stazione balneare, con ville di patrizi, consoli e senatori, tanto che per raggiungerla più facilmente si costruì una via alternativa alla non tanto vicina Appia, la via Flacca, che proprio qui conduceva e tutt’oggi conduce. Dopo la caduta dell’impero romano, Gaeta fu una repubblica marinara autonoma e continuò a solcare il mediterraneo difendendosi da numerosi attacchi, fino a doversi arrendere alla supremazia dei Normanni, nel 1140.
Eppure, guardando la baia dal castello, non sono vestigia romane a catturare l’attenzione, bensì chiese e campanili. Proprio sotto al castello la cattedrale dei santi Erasmo e Marciano fa capolino col suo campanile, mentre sulla sinistra compaiono, in ordine d’imponenza, il santuario della santissima Annunziata, ed il Tempio di san Francesco, tutti in stile gotico, almeno in origine, visto che il santuario della santissima Annunziata è stata ricostruita in stile barocco nel XVII secolo.
Ma se di storia, anche in questa tappa, abbiamo tirato fuori un bel po’ di spunti per girare il bellissimo borgo marinaro di Gaeta, ancora non abbiamo fermato la nostra moto in luoghi dal fascino più naturalistico.
Non si può non venire a Gaeta e non visitare la montagna spaccata. Un percorso naturalistico attraverso una fenditura nella roccia, che conduce ad un’insenatura naturale, nota come grotta del turco: un antro di roccia in cui si possono ritrovare quei colori del mare, ancora incredibilmente intatti, che rendono la mente libera di fantasticare.
Così come non si può non visitare una delle bianche spiagge della zona, prima di tornare in sella alla nostra GSXS 1000 F e dirigerci verso Terracina.
Grazie al manubrio ed alla conseguente posizione non avanzata del busto, si sta ancora comodamente sulla nostra Suzuki, sempre con una sesta che consente sorpassi o ripartenze oltre a godersi il panorama che si apre alla sinistra, dove il mare arriva fin sotto alla strada che sale e scende, seguendo le rientranze della costa in una piacevole serpentina.
Così, sempre seguendo la costa, senza mai farsi tentare dalla statale nei pressi di Salto di Fondi, si arriva alle porte di Terracina, sovrastata da uno sperone di roccia sulla cui sommità, inevitabilmente, siamo diretti.
Lazio, itinerari in moto: da Gaeta a Terracina
Appena dentro la località balneare, puntiamo per il centro e, seguendo le indicazioni del Tempio di Giove Anxur, ci troveremo a percorrere, in pochi chilometri, una breve scampagnata all’indietro nel tempo: ad ogni tornante l’urbanizzazione sarà sempre più distante, di secoli, fino ad arrivare, dopo boschetti e vedute mozzafiato del mare sottostante, ai resti del tempio vero e proprio.
Si paga un biglietto di 7 € per accedere alla zona archeologica che, vi assicuriamo, vale ogni centesimo del prezzo del biglietto, fosse anche solo per la splendida vista dall’alto, da cui si può scorgerenelle giornate senza foschia, oltre alla sottostante Terracina, anche l’arcipelago pontino.
Quanti uomini salirono quest’altura fin dai tempi più remoti.
Terracina, affonda le sue radici direttamente nel mito, a testimonianza del fatto che da sempre è conosciuta. Ulisse stesso sarebbe salito qui su per guardarsi intorno,scrive il poeta, una volta approdato nella terra dei Lestrigoni e della maga Circe.
Se dell’omerico eroe non si possono avere tracce certe, certamente sappiamo che Terracina fu probabilmente fondata da esuli spartani e che già nel periodo di Tarquinio il Superbo, nel VI secolo a.c., vennero mandati qui coloni romani. Giunsero poi i Volsci, che si appropriarono (o riappropriarono) di questa città, chiamandola Anxur, per poi venir definitivamente spazzati via da Roma e dalle sue legioni.
Così, sulla cima di quest’altura, oltre al tempio dedicato a Giove Anxur, vi fu edificato un fortilizio militare che controllava il mare e le terre circostanti, oltre a garantire la sicurezza sulla vicina via Appia.
In tutto questo girare, presi dai Volsci e dai panorami, abbiamo trascurato i piaceri della tavola. In ogni luogo toccato durante il nostro giro, le narici attente avranno sentito l’odore della cucina e siamo sicuri che qualche ristorantino o trattoria avrà soddisfatto pienamente le aspettative (magari uno di quelli che vi consigliamo in fondo all’articolo), ma visto che siamo a Terracina, vale la pena di mettere a frutto il set di valige della nostra GSXS 1000 F e caricare un po’ di mozzarella di bufala. Certo, i quasi cento litri di capienza delle borse sono forse eccessivi, ma vista la bontà dei prodotti caseari del luogo, per niente inferiori alla più rinomata tradizione campana, almeno una delle tre borse va destinata ad ospitare mozzarelle, trecce e ricotte fresche.
Lazio, itinerari in moto: da Terracina ad Anzio
Finita questa parentesi agro alimentare, non ci resta che dirigerci allora verso l’ultima tappa del nostro percorso, quella che in principio fu la capitale dei Volsci e che poi divenne il luogo più esclusivo della nobiltà romana: Anzio.
La città balneare a pochi chilometri a sud della Capitale è il luogo perfetto dove terminare il nostro giro e dove s’incontrano i due fili conduttori del nostro girovagare: i Volsci ed i romani. Arrivati al molo Innocenziano del porto di Anzio, cerchiamo un parcheggio per la nostra GSXS 1000F e, cominciando a girovagare per la cittadina, ne ripercorriamo gli antichi fasti.
I famosi Volsci, che ci hanno accompagnato dalle alture di Cassino, giù fino al Tirreno, proprio in Anzio avevano la loro capitale, troppo vicina a Roma per rimanere inviolata. Qui, i Volsci Anziati, ossia la parte di popolazione che viveva maggiormente presso il mare, dovette capitolare alle mire espansionistiche di una Roma ormai proiettata a dominare tutto il mediterraneo; una Roma, però, che seppe apprezzare ed inglobare ciò che i Volsci le lasciarono.
Così, Anzio, da capitale dei Volsci, divenne capitale del lusso, come diremmo noi oggi. Qui, ancor più che a Gaeta, si insediarono le personalità più eminenti della Roma imperiale. La famiglia imperiale Giulio Claudia aveva qui una residenza permanente e ad Anzio sono nati l’imperatore Caligola e suo nipote Nerone, forse le figure più controverse della lunga storia imperiale.
Oltre a loro, anche Cicerone, di ritorno dal suo esilio, si stabilì qui, ricostituendo la sua già allora famosa biblioteca; così come anche il famoso Mecenate era solito organizzare cene ed incontri nella sua villa di Anzio.
Ma parlando di ville, tutt’oggi la più famosa è proprio quella dell’imperatore Nerone. La teoria più accreditata la posiziona subito fuori dal centro abitato, in prossimità del faro, sopra le omonime grotte di Nerone. Doveva avere un’estensione di oltre 800 metri e pare sia stata costruita su una precedente villa appartenuta ad Augusto, quella, si crede, dove il divino imperatore ricevette una delegazione romana che lo nominava pater patriae, padre della patria. Le grotte e il luogo dove sarebbe dovuta sorgere la villa di Nerone sono visitabili.
Poco distante, nella villa seicentesca nota come Villa Adele, si può visitare il Museo civico archeologico, con reperti emersi sia da scavi a terra che sottomarini. Sempre all’interno di Villa Adele trova spazio anche il Museo dello Sbarco, con testimonianze fotografiche e reperti militari che raccontano di come Anzio si sia guadagnata la medaglia d’oro al valore civile, in quella circostanza.
Tra l’impero romano e la riscoperta moderna di Anzio, c’è stato un lungo periodo di oblio, rischiarato solo da papa Clemente VIII che, alla fine del ‘500, volle cominciare i lavori di riqualifica di quello che all’epoca era rimasto solo un borghetto marinaro. L’opera di riqualifica trovò la sua massima espressione solo duecento anni dopo, quando papa Innocenzo XII volle far riedificare un porto, tutt’ora a lui intitolato, che segnò la definitiva ripresa economica dell’antica capitale dei Volsci.
Non sembra, ma ben oltre 350 chilometri sono stati percorsi dall’inizio di questo tour e per quanto ancora troppe cose ci sarebbero da scoprire e da raccontare, giunge il momento di riprendere la nostra Suzuki GSXS-F e puntare verso casa, lasciandoci ancora un piccolo tesoretto di storie e scorci da scoprire, per un prossimo sentiero Travel, giusto a due passi dalla rumorosa modernità.
Lazio, itinerari in moto: percorsi alternativi
Travel in 24 ore
Il Percorso:
Dove Mangiare: Gli Archi a Sperlonga, Pino Il Tarantino a Foce Verde
Soste lungo il percorso: Terracina, Anzio
Travel in 48 ore
Km Percorsi: 290 circa (con partenza da Roma)
Litri di carburante consumati: 20/25
Costo carburante: Circa 35 euro
Costo caselli: 0 euro
Dove mangiare: Bottega Sarra 1932 a Terracina, Claudio Petrolo a Gaeta
Dove Dormire: Hotel Gajeta a Gaeta
Soste lungo il percorso: Gaeta, Sperlonga, Terracina, Anzio
Moto utilizzata: Suzuki GSXS1000F
Travel in 72 ore
Dove Mangiare: Villa Euchelia a Castrocielo, Italo a Formia, Il grappolo d’uva a Terracina, da Romolo al porto ad Anzio
Dove Dormire: Le Terre di Bac a Terracina e Casamediterranea a Sperlonga
Soste lungo il percorso: Cassino, Pontecorvo, Esperia, Gaeta, Terracina, Anzio.
Moto utilizzata: Suzuki GSXS1000F
Testo : Marco Balvetti
Riprese Video : Gianluca Oliva e Flavio Atzori
Foto : Gianluca Oliva
Montaggio video : Flavio Atzori
[publiredazionale]In collaborazione con Suzuki[/publiredazionale]