Anche se il numero dei giovani stranieri nelle scuole italiane continua a salire, il dibattito sulla nuova riforma per la cittadinanza resta acceso.
Il dibattito sullo Ius Scholae è tornato sotto i riflettori. In un contesto di sempre maggiore diversità demografica e culturale, lo Ius Scholae potrebbe aprire le porte a una società più inclusiva concedendo facilmente la cittadinanza ai giovani stranieri nati o cresciuti in Italia.
Il tema della cittadinanza è da anni oggetto di discussione e tensioni politiche: con l’aumento della presenza di giovani di origine straniera nelle scuole italiane, il percorso di integrazione non può più essere posticipato.
Ius Scholae: cosa prevede?
La proposta di legge sullo Ius Scholae, attualmente in discussione, introduce una nuova modalità per ottenere la cittadinanza italiana. Il disegno di legge prevede che possano acquisire la cittadinanza i minori di origine straniera nati in Italia o arrivati nel Paese prima dei 12 anni, a patto che abbiano frequentato regolarmente almeno cinque anni di scuola in Italia; se i cinque anni includono il ciclo di studi della scuola primaria, il riconoscimento della cittadinanza richiede anche il completamento con esito positivo del percorso scolastico.
Il disegno di legge coinvolge anche il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che insieme al Ministero dell’Istruzione, ha il compito di stabilire quali percorsi di istruzione e formazione professionale siano riconosciuti come validi per l’acquisizione della cittadinanza.
Secondo lo Ius Scholae, sarà necessario che almeno un genitore legalmente residente in Italia, o chi esercita la potestà genitoriale, presenti una domanda volontaria prima che il minore compia 18 anni. Nel caso in cui la domanda non venga presentata in tempo, il giovane potrà comunque richiedere la cittadinanza entro due anni dal raggiungimento della maggiore età.
Lo scenario demografico italiano: i numeri dello studio Svimez
L’Italia è una nazione in costante trasformazione e la presenza di giovani stranieri nelle scuole ne è un chiaro riflesso. Secondo uno studio condotto dalla Svimez, sono oltre 315.000 i minori di origine straniera che frequentano le scuole primarie in Italia, pari al 14% del totale degli studenti iscritti; di questi, circa il 70% sono nati in Italia.
Il Nord Italia, grazie alle sue opportunità lavorative e ai servizi migliori, è la zona in cui si concentra la maggior parte degli studenti stranieri, con l’Emilia-Romagna e la Lombardia che registrano rispettivamente il 23,2% e il 22% di alunni stranieri nelle scuole, mentre nel Mezzogiorno la percentuale scende drasticamente, attestandosi attorno al 5%.
In questo contesto, lo Ius Scholae sarebbe una misura per favorire l’integrazione e offrire ai giovani con background migratorio una prospettiva di futuro più solida nel Paese in cui sono cresciuti.
Un futuro ancora incerto
Sebbene l’idea dello Ius Scholae sia vista da molti come un’opportunità di inclusione, il dibattito politico è ancora acceso. Il vicepremier Antonio Tajani, durante un recente intervento alla festa dell’ala giovanile del suo partito a Bellaria, ha espresso il suo supporto alla riforma: “Guai se abbiamo paura di concedere diritti meritati: saremmo un centrodestra oscurantista che non si rende conto dei cambiamenti della società. Il diritto a diventare cittadino italiano grazie alla formazione e allo studio è sacrosanto. Chi si è conquistato il diritto di essere italiano meriti di esserlo, non conta il colore della pelle”.
Nonostante il sostegno di una parte della politica, la Lega, con il vicesegretario Andrea Crippa, continua a opporsi fermamente alla riforma, affermando che la cittadinanza deve essere il risultato di un lungo percorso di integrazione e non un diritto automatico. Secondo Crippa “La cittadinanza non si regala” e per questo motivo non ritiene necessarie modifiche all’attuale normativa.