Conseguire una laurea apre maggiori possibilità di trovare lavoro
Conseguire una laurea rappresenta, ancora oggi, un investimento per il proprio futuro lavorativo. A dirlo sono i dati emersi dal Rapporto Istat “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali – Anno 2023”, che smentiscono quanto in molti ritengono. Contrariamente all’idea che la laurea sia solo un “pezzo di carta”, infatti, i numeri dimostrano che i laureati hanno maggiori probabilità di trovare lavoro rispetto ai diplomati. Le aziende, quindi, cercano professionisti con competenze e specializzazioni che solo chi ha conseguito una laurea può garantire.
Ad emergere dal rapporto Istat è il concetto che il mercato del lavoro premia coloro che hanno raggiunto un alto livello di istruzione. I laureati non solo hanno tassi di occupazione più elevati, ma guadagnano anche stipendi superiori rispetto ai loro coetanei diplomati. Una differenza retributiva che si manifesta sia all’inizio della carriera sia nel corso della vita lavorativa. Dunque, conseguire una laurea non sarebbe solo un riconoscimento accademico, ma una chiave che apre le porte a un mondo di opportunità professionali. Ma analizziamo, nel dettaglio, il contenuto del rapporto.
Figli di genitori con basso livello di istruzione abbandonano presto gli studi
Dall’indagine Istat relativa al 2023 è venuto fuori che i figli di genitori con basso livello di istruzione tendono a lasciare presto gli studi. Si tratta di quasi un quarto dei giovani. Solo il 10% di questi si laurea. A dimostrare, invece, quanto anticipato in apertura, è il fatto che il tasso di occupazione dei laureati è più alto di quello dei diplomati di ben 11 punti percentuali. Se l’84,3% dei laureati è occupato, tra i diplomati la percentuale si abbassa al 73,3%. Ma il divario aumenta in riferimento alla provenienza geografica. Nel Mezzogiorno il tasso di occupazione dei 30-34enni è pari al 70,8%, contro il 90,6% di coloro che vivono al Nord.
Diploma livello di formazione minimo per trovare lavoro
Se si vuole entrare nel mondo del lavoro e aspirare ad una crescita professionale, il diploma è il livello di formazione minimo indispensabile per avere delle speranze in tal senso. Il tasso di disoccupazione dei laureati, che ammonta al 3,6%, è più basso rispetto a quello dei diplomati (6,2%) e a quello di coloro con basso titolo di studio (10,7%). L’istruzione, dunque, paga in termini di occupazione. Ma, nonostante questo, in Italia le opportunità restano comunque più basse di quelle medie europee. Basti pensare che se la media europea in fatto di tasso di occupazione è pari all’87,6%, in Italia è pari all’84,3%.
Migliori lauree per trovare lavoro
Il rapporto Istat sui ritorni occupazionali ci regala anche uno sguardo dettagliato sulle prospettive lavorative relativamente alle diverse tipologie di laurea. Secondo l’indagine, le lauree in area medico-sanitaria e farmaceutica risultano le più promettenti in termini di occupazione, con un tasso del 88,6% per la fascia d’età tra i 25 e i 64 anni. Dato che, probabilmente, riflette l’alto fabbisogno di professionisti nel settore sanitario, alimentato dall’invecchiamento della popolazione e dall’aumento delle esigenze in tale campo.
Seguono le lauree in discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), con un tasso di occupazione dell’86,6%. In questo caso, la forte domanda di competenze tecniche e scientifiche è favorita dall’innovazione tecnologica e dalla digitalizzazione. Un gradino più in basso si trovano i laureati in area socio-economica e giuridica, con un tasso di occupazione dell’84,2%. Chiudono i laureati in area umanistica e dei servizi, per i quali si registra un tasso di occupazione del 79,5%.
Cala il numero dei NEET
Una notizia incoraggiante, infine, riguarda i NEET. Sul totale dei 15-29enni, la percentuale dei giovani che non risultano né occupati, né inseriti in percorsi di istruzione o formazione, è stimata al 16,1%. Un calo di 2,9 punti percentuali rispetto al 2022 e di 7 punti rispetto all’anno precedente. Tuttavia, si tratta comunque di un valore elevato se messo in confronto con quello medio europeo, che ammonta all’11,2%.
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