La Statale di Milano congela gli accordi con la Reichman University: vittoria per movimento studentesco - Studentville

La Statale di Milano congela gli accordi con la Reichman University: vittoria per movimento studentesco

La Statale di Milano congela gli accordi con la Reichman University: vittoria per movimento studentesco

Gli studenti celebrano la sospensione di una collaborazione controversa, frutto di una mobilitazione iniziata mesi fa.

L’Università Statale di Milano ha deciso di sospendere i rapporti di collaborazione con la Reichman University, istituto israeliano noto per i legami con le forze militari. La decisione, annunciata dal movimento dei Giovani Palestinesi d’Italia tramite un post su Instagram, segna una vittoria significativa e arriva dopo anni di proteste e mobilitazioni. “Oggi celebriamo una vittoria storica” hanno dichiarato i rappresentanti del movimento, che sono stati anche i promotori di una raccolta di più di 1.500 firme da parte di studenti, docenti e personale universitario. L’università, da parte sua, prende finalmente posizione in solidarietà con la causa palestinese dando un segnale di speranza ai movimenti studenteschi che promuovono il boicottaggio accademico nei confronti delle università israeliane.

La sospensione degli accordi è stata decisa in seguito a un incontro tra le organizzazioni studentesche e la nuova rettrice dell’Università Statale, Marina Brambilla, lo scorso 18 ottobre e rappresenta un deciso cambio di direzione rispetto al precedente rettore Elio Franzoni, che aveva respinto le richieste di boicottaggio della Reichman University. Franzoni aveva rimandato la questione a una commissione straordinaria che, a maggio 2024, propose di valutare la possibilità di chiudere gli accordi internazionali con università situate in paesi coinvolti in occupazioni militari o violazioni dei diritti civili; proposta che però venne respinta a luglio dal Senato accademico, con una votazione di 24 voti contrari e 6 favorevoli, di cui la metà espressi dagli studenti. Con il cambio di leadership avvenuto lo scorso 1° ottobre, il movimento studentesco è riuscito a ottenere la sospensione di una partnership che aveva come obiettivo la mobilità per gli studenti di giurisprudenza, in vigore dal 2022 e che avrebbe dovuto concludersi nel 2027.

La statale di Milano si unisce al movimento globale

La sospensione della partnership tra l’Università Statale di Milano e la Reichman University non è un caso isolato in Italia: l’Università di Palermo aveva già interrotto tutti gli accordi con le università israeliane a giugno, mentre ad aprile, la stessa Statale aveva già cessato le collaborazioni con l’Università di Ariel, istituzione situata all’interno di una colonia israeliana in Cisgiordania. Ora, con la rescissione dell’accordo con la Reichman University, la Statale di Milano non intrattiene più alcuna collaborazione con istituti accademici israeliani.

In questi anni, il boicottaggio accademico verso Israele ha assunto una dimensione sempre più globale, con la Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (Pacbi) che celebra le recenti vittorie ottenute in vari paesi, tra cui Norvegia, Paesi Bassi, Sudafrica e Spagna, dove la Conferenza dei Rettori Universitari, che rappresenta 76 università, ha sospeso i rapporti con istituti israeliani non in linea con il diritto internazionale.

Un segnale di speranza e solidarietà per il popolo palestinese

Questo importante cambiamento nella politica accademica dell’Università Statale di Milano è stato raggiunto in un momento di crescente solidarietà internazionale con la Palestina. La vicenda evidenzia come la pressione studentesca, combinata con il sostegno di alcuni docenti, possa fare la differenza anche in contesti istituzionali complessi. La decisione di congelare l’accordo con la Reichman University rappresenta per molti un esempio di come l’attivismo giovanile possa influenzare la politica accademica e sensibilizzare l’opinione pubblica.

Questi successi nel “boicottaggio accademico”, sia a livello locale che globale, rappresentano una nuova fonte di speranza per la causa palestinese e confermano l’importanza della solidarietà accademica nella lotta per il rispetto dei diritti umani.

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