Una differenza importante tra Italia e Giappone: quali neolaureati lavorano prima?
Ebbene, sembra che ancora una volta la situazione dei neolaureati italiani sia decisamente “meno invitante” rispetto a quella di altri Paesi nel mondo. Infatti, una ricerca ha comunicato che solo il 62% dei ragazzi appena laureati riesce a trovare un posto di lavoro sia inerente al proprio percorso di studi, sia in breve tempo. Tale percentuale corrisponde a due laureati su tre, senza raggiungere una condizione soddisfacente e complessiva.
Il report del Ministero del Lavoro e dell’Istruzione ha messo “a paragone” la situazione italiana con il Giappone. Tale studio ha constatato che nel Paese nipponico il 98,1% dei neolaureati riesce ad ottenere un impiego in poco tempo, soprattutto in perfetta linea con la formazione universitaria scelta dal singolo studente. In merito a ciò, sono stati appena pubblicati i dati del tasso di inserimento nel lavoro dei ragazzi nipponici laureati in primavera.
In questo caso, i dati si sono basati su una indagine a campione su 4.770 studenti universitari di ben 24 università pubbliche e 38 private.
La crescita del Giappone dal punto di vista lavorativo
Sembra che dal punto di vista aziendale numerose aziende del Giappone siano in procinto di assumere diverse persone, soprattutto giovani. Il motivo? La notevole carenza della manodopera dopo la pandemia da Covid-19, che ha fermato per almeno due anni le assunzioni e i servizi, sta portando i datori di lavoro a compiere delle scelte diverse e consapevoli.
Ebbene, dopo questi anni difficili, il Giappone è pronto a “rifarsi” lavorativamente per incrementare le produzioni e i servizi.
Gli sbocchi occupazionali in Giappone
Nel Paese del Sol Levante, gli sbocchi lavorativi della maggior parte dei neolaureati sono registrati in uno studio a campione partendo dal lontano 1997. Successivamente, nel 2011, il tasso di occupazione giapponese dei neolaureati è stato uno dei più bassi, ossia il 91%. In quel periodo, la crisi finanziaria del 2008 ha decisamente condizionato le aziende a non assumere molti nuovi laureati, fino agli anni successivi. Il tasso più alto è stato registrato sia nel 2018, sia nel 2020, raggiungendo il 98% fino ai giorni nostri.
Questi dati dovrebbero far riflettere, in parte, l’Italia su eventuali strategie formative e professionali per migliorare la situazione stessa, con la consapevolezza che il Giappone sia un Paese diverso culturalmente, professionalmente e di sicuro più vasto.