Le chat di WhatsApp sono una pandemia sociale. Lo stop da parte di una scuola di Prato - Studentville

Le chat di WhatsApp sono una pandemia sociale. Lo stop da parte di una scuola di Prato

Una preside di un istituto di Prato vieta di utilizzare i social e le chat di WhatsApp tra studenti, genitori e docenti.
Le chat di WhatsApp sono una pandemia sociale. Lo stop da parte di una scuola di Prato

Provvedimento serio e duro da parte di una dirigente scolastica di Prato: niente chat

Non solo il divieto degli smartphone in alcune scuole italiane, ma all’Istituto Marco Polo di Prato, in Toscana, è vietata la formazione di gruppi chat in generale. Il provvedimento della preside Giuliana Pirone coinvolge studenti, genitori e insegnanti.

Il provvedimento

Secondo la dirigente scolastica Pirone, le chat di WhatsApp rappresentano la “nuova pandemia” che agisce negativamente sul sociale. Per tale motivo la decisione è arrivata come un colpo d’ascia: sono vietate le chat di gruppo tra insegnanti, tra genitori e docenti e anche tra ragazzi. Quindi non sarà possibile, per gli alunni, scambiarsi opinioni e informazioni tramite smartphone. Meglio la telefonata, la mail oppure il registro elettronico per mettere in comunicazione tutte le parti in causa.

Sebbene sia un provvedimento forte e sicuramente inusuale (non risultano ad oggi altre scuole in cui siano state assunte simili decisioni), la motivazione avrebbe anche un senso logico.

Ovviamente è impossibile multare oppure obbligare un genitore a non utilizzare WhatsApp per la creazione di un gruppo all’esterno della scuola, ma il controllo per alunni e insegnanti è sicuramente più ferreo. In questo caso, qualora un docente venisse sorpreso a utilizzare WhatsApp per comunicare con genitori di alunni o con gli stessi studenti, potrebbe scattare una sanzione disciplinare, come indicato nel regolamenti di istituto.

Le motivazioni

Le chat limitano molto i contatti, le relazioni sociali, la socializzazione, l’empatia e il dialogo. Inoltre appaiono fredde e sono spesso territorio per la creazione di equivoci, fraintendimenti, incomprensioni. Ecco come la Pirone si è espressa a tal proposito.

“Penso che il Governo dovrebbe aiutarci in questo impiego, regolamentando l’accesso a social e chat. Il Ministro ha fatto bene a vietare l’uso di cellulari, ma vanno disciplinate anche le piattaforme di messaggistica. Se un genitore ha bisogno di parlare con un altro papà o un’altra mamma lo potrebbe fare tornando a una telefonata”. 

Inoltre, sono sempre di più i bambini piccoli che utilizzano i social, soprattutto TikTok.

Prosegue la preside:

“I cellulari a scuola impediscono di fare amicizie. Ho visto bambini all’infanzia con profili TikTok personali. E’ un vero problema, quindi all’ingresso di scuola, la mattina, gli studenti posano gli smartphone che poi riprendono solo a fine mattinata. Sono rigida sull’uso dei cellulari perché sono convinta che rappresentino un vero problema per le nuove generazioni. Noi adulti dobbiamo assumerci delle responsabilità”.

La risposta del Marco Polo

Per limitare ed eliminare il problema della troppa digitalizzazione a scuola, la preside di Prato ha proposto nel proprio istituto delle attività creative che stimolano la socializzazione e la creazione di rapporti interpersonali tra studenti.

Un esempio sono i corsi di teatro, la musica, gli scacchi. Con queste iniziative la scuola vuole proporre un percorso alternativo e utile, chiamato “Educazione Digitale” con l’obiettivo di far comprendere a studenti e genitori il pericolo nascosto che la rete può evidenziare.

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