Lampedusa Porta d’Europa: ecco le condizioni di vita dei migranti
A più di un mese e mezzo dalla commemorazione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, per ricordare i 368 stranieri che hanno perso la vita nel 2013, torna sulle pagine di cronaca la situzione di emergenza dei migranti verso le coste italiane, in particolare quelle di Lampedusa. Sull’isola si trova la porta d’ingresso d’Europa, la prima cosa che si vede mentre ci si avvicina alle nostre coste, che rappresenta la speranza di un futuro migliore. Gli sbarchi continuano, anche se negli ultimi mesi sono un pò diminuiti, ma per coloro che fuggono da povertà, guerre, fame, mancanza di diritti, la situazione sull’altra sponda del Mediterraneo non migliora.
Le condizioni di vita dei migranti a Lampedusa
Gravissima è la situazione al centro di prima accoglienza: la struttura del CPSA è al momento satura e non potrebbe più accogliere nessuno. Potrebbe ospitare un numero massimo di 400 persone ma risulta ad oggi sovraffollata fino all’inverosimile. Questo determina condizioni di vita disumane per chi è accolto: i servizi igienici non funzionano, ci sono solo 330 i materassi disponibili e molti migranti sono addirittura costretti a dormire stando seduti o accovacciati. Save the Children denuncia le condizioni precarie, non idonee e inaccettabili per donne, neonati e minori non accompagnati, stipati in stanze piccole e anguste che potrebbero ospitare solo una cinquantina di persone, con solo 3 bagni e pochi letti a disposizione. “Sono condizioni inaccettabili tanto più per persone, in particolare minori, donne e bambini anche piccolissimi che hanno affrontato viaggi drammatici” ha dichiarato il Direttore Programmi Italia-Europa di di Save the Children.
La ferita aperta di Lampedusa, città accogliente
“We are refugees, we need freedom”: “siamo rifugiati, abbiamo bisogno di libertà, vogliamo andarcene da questa prigione” è quello che avevano più volte gridato gli immigrati nel corso delle varie manifestazioni in piazza di questi ultimi anni, denunciando le condizioni di vita sull’isola dovute in particolare a questioni burocratiche, che li costringevano a rimanere. Anche nel 2017 risuona questa eco, nonostante la diminuzione degli sbarchi perchè sarebbero moltissimi gli immigrati presenti in Libia che aspettano di imbarcarsi per raggiungere l’Italia, dove la situazione sta peggiorando ulteriormente e dove persistono pesanti condizioni di ingiustizia o violenza nei confronti degli immigrati dall’Africa sub-sahariana. Al momento esiste un patto tra il nostro paese e quello libico che sembra aver ridotto gli sbarchi sulle nostre coste, ma anche se dalla Libia le partenze sono drasticamente diminuite, altre rotte si stanno aprendo, in particolare dall’Algeria e dalla Tunisia. Tutte queste persone, lo rimarchiamo con forza, scappano da situazioni ormai disumane e la maggior parte di loro si porta dietro violenze e abusi. Dal genocidio e crimini di guerra nel Darfur, dai bombardamenti incrociati dell’Arabia Saudita e delle milizie Houthi nello Yemen, dai reclutamenti forzati del gruppo Al Shabaab in Somalia. E una volta arrivati qui per raggiungere altri paesi europei, i migranti denunciano le condizioni precarie dell’hotspot: Lampedusa è infatti una delle dieci strutture oggi attive a livello europeo (5 in Grecia e 5 in Italia). Queste persone, costrette a viaggi pericolosi e prive di qualsiasi assistenza legale, si ritrovano in condizioni di accoglienza non adeguate o addirittura inaccettabili. Quella di Lampedusa oggi è una ferita aperta: al momento ci sono molte polemiche con il nuovo sindaco eletto che ha proposto più volte di chiudere l’Hotspot, ma per le istituzioni italiane questa è una possibilità remotissima. Il ministro Minniti anzi ha con forza richiesto più controlli, per garantire la sigurezza di tutte le persone coinvolte. E anche se la situazione è grave, Lampedusa resta accogliente.
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