Netanyahu, Gallant e Deif: arrivano i mandati di arresto della Corte Penale Internazionale - Studentville

Netanyahu, Gallant e Deif: arrivano i mandati di arresto della Corte Penale Internazionale

Netanyahu, Gallant e Deif: arrivano i mandati di arresto della Corte Penale Internazionale

La CPI emette mandati per crimini di guerra nella Striscia di Gaza e in Israele. Reazioni contrastanti a livello globale.

La Corte Penale Internazionale (CPI) ha ufficializzato i suoi primi mandati di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante il conflitto tra Israele e Hamas. Tra gli accusati figurano il premier israeliano Benjamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e il comandante militare di Hamas, Mohammed Deif. La decisione, prima del suo genere presa contro dei rappresentanti di uno dei cosiddetti “Paesi occidentali”, ha scatenato un acceso dibattito internazionale e reazioni fortemente polarizzate.

Le accuse della CPI: crimini e responsabilità personali

La CPI ha giustificato i mandati come il risultato di un’indagine approfondita sugli eventi verificatisi dopo il 7 ottobre 2023, data che segna l’inizio dell’intensificarsi del conflitto. Il procuratore capo Karim Khan ha spiegato che le accuse si basano su prove forensi e verificabili, sottolineando che “anche la guerra ha le sue regole”.

Il premier israeliano e il suo ex ministro della Difesa sono accusati di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale, inclusi attacchi indiscriminati che hanno provocato la morte di migliaia di civili palestinesi. Gallant, già rimosso dal suo incarico alcuni mesi fa dallo stesso Netanyahu, ha criticato la CPI per aver equiparato Israele a Hamas, definendo la decisione “un incoraggiamento al terrorismo”.

Il comandante militare di Hamas, considerato una figura chiave negli attacchi contro Israele, è incluso tra gli accusati. Tuttavia, Israele sostiene di aver eliminato Deif durante un raid a Gaza, il che potrebbe complicare l’attuazione del mandato nei suoi confronti.

Reazioni internazionali tra sostegno e critiche

Netanyahu ha definito la decisione “antisemita” e l’ha paragonata al caso Dreyfus, simbolo di persecuzione ingiustificata; Israele ha anche messo in dubbio l’integrità del procuratore Khan, rilanciando accuse di corruzione e molestie sessuali contro di lui.

Gli Stati Uniti e l’Argentina si sono subito schierati al fianco di Israele, contestando la legittimità della CPI. Washington ha dichiarato di “non riconoscere la giurisdizione della Corte su questa questione”, mentre il presidente argentino Javier Milei ha parlato di un attacco al diritto di Israele di difendersi.

Al contrario, l’Unione Europea, tramite Josep Borrell, ha sottolineato che si tratta di una decisione “giuridica, non politica”, vincolante per gli Stati membri. L’Olanda, sede della CPI, ha espresso pieno supporto alla decisione della corte, seguita da altri Paesi europei. Per l’Italia il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha definito la decisione “sbagliata”, ma ha anche riconosciuto l’obbligo di rispettare il diritto internazionale.

Implicazioni e prospettive future

I mandati d’arresto rappresentano un precedente storico, essendo i primi emessi contro i leader di un Paese sostenuto dall’Occidente. Per Netanyahu, il rischio di arresto in caso di viaggio all’estero diventa concreto, poiché i 124 Stati parte dello Statuto di Roma sono obbligati a eseguire i mandati.

La vicenda si inserisce in un contesto internazionale già molto complesso, con la Corte Internazionale di Giustizia impegnata in un procedimento parallelo per accuse di genocidio contro Israele. Molti osservatori ritengono che la CPI stia lanciando un messaggio etico: anche in situazioni di conflitto, le norme internazionali devono essere rispettate. Purtroppo, però, è alquanto improbabile che i leader accusati finiscano effettivamente davanti ai giudici dell’Aja.

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