Sono piuttosto preoccupanti i dati raccolti da Save the Children, la più grande organizzazione internazionale che opera in 120 paesi dal 1919 per migliorare la vita dei bambini, riguardo l’abbandono scolastico. Ciò che emerge dal rapporto sulle diseguaglianze nell’offerta di tempi e spazi educativi negli istituti italiani mostra una situazione allarmistica. Più di un milione e 382mila minori in povertà assoluta, tassi di dispersione scolastica pari al 12,7% e giovani appartenenti alla fascia di età 15-29 anni senza scuola, formazione o lavoro al 23,1%. Il tasso più alto a livello europeo.
Abbandono scolastico al 12,7%, i dati di Save the Children
I ragazzi stanno ancora combattendo con gli effetti del Covid, della Pandemia e della Dad: come Save the Children ha evidenziato, il 9,7% dei diplomati non ha competenze sufficienti per entrare nel mondo del lavoro. I dati relativi all’abbandono scolastico sono maggiori in quasi tutte le regioni del sud. In Sicilia si arriva ad un picco del 21,1%; 17,6% in Puglia e 16,4% in Campania. La Calabria registra la percentuale più bassa al Sud con il 14%.
Il ministero dell’Istruzione ha commentato i dati tramite le parole di Rossano Sasso, sottosegretario del ministero.
“I dati sulla dispersione scolastica diffusi da Save the Children, purtroppo, confermano quanto era già emerso da altre rilevazioni: i due anni e mezzo di pandemia hanno colpito duramente soprattutto le fasce sociali più deboli e i territori del Paese che già scontavano una carenza di servizi e sostegni alle famiglie. La politica delle chiusure degli istituti portata avanti con pervicacia da PD e Movimento 5 Stelle ha contribuito a una deprivazione culturale a cui siamo chiamati a dare risposte. E dobbiamo farlo in fretta, per non aggravare una situazione già complessa“.
La soluzione per Save the Cildren
Dal rapporto sono emerse una serie di criticità: dalla povertà assoluta a causa delle conseguenze della crisi energetica e dell’impennata dell’inflazione, che potrebbero far cadere un numero ancora maggiore di minori nella povertà alla dispersione “implicita” (studenti con un diploma superiore senza le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università). O, ancora, il 12,7% dei minori senza diploma perché abbandona prima gli studi.
Per l’organizzazione internazionale una via da intraprendere è quella di “aumentare significativamente, più che diminuire, le risorse per l’istruzione, portandole al pari della media europea (5% del PIL). È evidente, infatti, che i fondi attualmente previsti sono già oggi insufficienti a garantire un’offerta educativa di qualità, con spazi e servizi adeguati in tutti i territori, nonostante i minori costi dovuti al calo demografico. Investire il 5% del PIL vorrebbe dire rendere disponibili circa 93 miliardi, contro i circa 71 stanziati nel 2020”.
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