Alternanza scuola-lavoro: cos’è
Al giorno d’oggi gli studenti del liceo devono svolgere l’alternanza scuola lavoro (ora PCTO, ovvero Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento), obbligatoria dalla riforma della “Buona Scuola” apportata dalla legge 107/2015. L’obiettivo è quello di avvicinare il mondo della scuola con quello del lavoro: consiste in un periodo di formazione pratica presso una azienda o un ente da parte dello studente che può essere svolto nel corso dell’anno scolastico o nei mesi estivi. In questo modo i ragazzi avranno l’opportunità di acquisire competenze lavorative che potranno sfruttare quando inizieranno a cercare un occupazione alla fine del percorso di studi.
Alternanza scuola-lavoro: il caso di Martina
C’è anche chi svolge l’alternanza scuola-lavoro in luoghi che cambieranno la loro vita per sempre, come il caso di Martina che ha scelto di passare alcune ore del suo PCTO all’interno dell’IFOM, l’Istituto di Oncologia Molecolare di Fondazione AIRC. Nonostante lo scetticismo iniziale di Andrea, il ricercatore che avrebbe dovuto seguire il percorso di Martina all’interno dell’istituto, il lavoro è andato egregiamente. Ad imparare sono stati in due e secondo Andrea è stato proprio lui quello ad aver imparato di più, come ha raccontato lui stesso in una lunga lettera.
Alternanza scuola-lavoro: la lettera del ricercatore Andrea
Quando il tutor Andrea andava a scuola non c’era questa opportunità, per questo motivo inizialmente non la vedeva di buon occhio: “Il mese scorso mi è stato chiesto di fare da tutor a M., una studentessa di 16 anni che avrebbe trascorso un periodo di due settimane nel nostro laboratorio. Prima reazione ‘no, perché a me?! Non c’è nessun altro?!’. Poi sono arrivato alla conclusione che non sarebbe stato così terribile e ho incominciato a ‘progettare’ l’esperienza da far fare alla studentessa nel tempo che avrebbe trascorso con noi in lab“. Andrea ha imparato a cogliere lo sguardo curioso di chi si affaccia al proprio futuro e che si appassiona di Ricerca nonostante le prospettive non rosee che dà il mondo dei “grandi”. “Avere a che fare con un interlocutore così giovane è molto più che stimolante. M., come è giusto per la sua età, è a digiuno di tante cose, a digiuno di esperienze, a digiuno di conoscenze ma dalla sua ha una voglia di fare e di scoprire che ti lascia disarmato. […] Oggi torno a casa doppiamente soddisfatto, amo il mio lavoro e mi piace l’idea di aver trasmesso qualcosa e soprattutto di averne imparate molte altre“, ha concluso.
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