Ormai è difficile fare a meno dei nostri telefoni.
Lo smartphone è ormai diventato una protesi, un’estensione del nostro stesso corpo, tanto che se lo dimentichiamo a casa abbiamo la sensazione di esserci dimenticati una parte fisica di noi: la tasca vuota ci fa sentire diversi.
Abbiamo già parlato di come superare la dipendenza da smartphone, ma cosa vuol dire eliminare del tutto l’uso del telefono per un lasso di tempo significativo durante giornata? Che cosa comporta?
La de-smartphonizzazione a scuola
«Quello che mi stupisce di più? È che ho spesso l’istinto di prenderlo, poi, tipo flash, ricordo: il mio telefonino non è nello zaino, ma nel cassetto chiuso a chiave. E poi realizzo che in realtà va bene così, posso farne a meno».
Greta Ongaro ha 18 anni ed è una studentessa del quinto anno del liceo Malpighi di Bologna. Proprio all’interno di questa scuola, a seguito di un’iniziativa voluta dalla rettrice Elena Ugolini e dal preside Marco Ferrari, dal 14 settembre si sta compiendo un processo di de-smartphonizzazione della struttura. Un’iniziativa che ha fatto molto parlare di sé, nel bene e nel male.
Come ci fa sapere Greta, è durante l’appello che viene ritirato lo smartphone: «È quello il momento in cui ci chiedono di consegnarlo. Quando tutti i telefoni sono sulla cattedra, il professore li mette in un cassetto, e passa la collaboratrice scolastica con le chiavi per chiuderlo. Da quel momento i cellulari non sono più nostri, e scende il silenzio in classe. Sappiamo che per sei ore resteremo in una bolla».
Una sensazione che nei primi tempi sembrava straniante e che adesso sembra aver conquistato Greta. «All’inizio, quando ne abbiamo parlato con il preside in classe, non è che mi sia piaciuta molto come idea. […] Poi man mano che sono passati i giorni mi sono accorta che è quasi bello stare in quella bolla di sei ore in cui sai che non hai contatti con niente e nessuno, e li riprendi alla fine della scuola. Stacco la testa, questa cosa mi intriga, e quando suona la campanella rientro in quel mondo che avevo lasciato».
L’iniziativa di de-smartphonizzazione, inoltre, già sembra andare incontro ai primi risultati. Greta dice, infatti, che senza telefono «l’attenzione migliora, siamo tutti più concentrati, anche i professori, che condividono con noi la rinuncia al telefono».
Anche la ricreazione è cambiata: «Restiamo più tempo a chiacchierare, meno a osservare lo schermo».
Naturalmente, l’eliminazione degli smartphone comporta anche delle limitazioni, soprattutto di tipo organizzativo e comunicativo. Ma per il momento non si tratta di limitazioni tanto gravi da far propendere alla sospensione dell’iniziativa.
Per Greta, insomma, non usare il telefono non è tanto male come sembra. Certo, come ammette lei stessa: «Forse sarebbe stato meglio lavorare sull’autocontrollo, insegnarci a non usarlo. Vietarlo non è il massimo. Ma poi mi accorgo che sono io la prima ad avere l’automatismo di prenderlo, e quindi forse è meglio così».
Greta è figlia unica e ha intenzione di studiare architettura. Ma per il momento, finita la giornata a scuola, il suo obiettivo è un altro, e di diverso tipo: «Leggere le notifiche, soprattutto se mi sono arrivate da amici».