L’Ires Piemonte è un istituto pubblico di ricerca che svolge indagini in campo sociale ed economico. Il suo scopo è quello di aiutare concretamente la regione Piemonte e le altre istituzioni piemontesi nella propria programmazione. Ha di recente condotto un’indagine a risposta multipla sul tema del bullismo. E ciò che emerso vale la pena approfondirlo.
Il bullismo fa male a chi lo fa e lo subisce
Si è svolto lo scorso venerdì 1 luglio 2022 – a Palazzo Lascaris, Torino – il convegno “Bullismo e cyberbullismo: impatto su salute, socialità e legalità”. E proprio sul bullismo è incentrata l’indagine della quale vi abbiamo appena anticipato. Da questa è emerso come il “bullismo fa male a coloro che lo subiscono, fa male a quelli che lo compiono e fa male a coloro che assistono inermi: lavorare sulla prevenzione è il primo passo che ogni scuola, famiglia e istituzione può e deve realmente fare per contrastarlo”. Il fenomeno è difatti sempre più presente nella nostra penisola. Ma non è semplice monitorarlo. Cosa dicono i dati venuti emersi?
Bullismo, i dati dell’indagine
L’indagine è stata condotta presso 48 istituti sparsi tra le province di Torino, Cuneo, Asti, Alessandria, Vercelli, Novara, Biella e Verbano-Cusio-Ossola. Ad essere stati sentiti sono stati un migliaio di studenti e circa 300 docenti ed esponenti del personale Ata. Ciò che è emerso dalle risposte dei docenti riguardo i fattori scatenanti del fenomeno riguardano per il 71% le caratteristiche personali (i ragazzi vengono presi di mira perché in sovrappeso, perché troppo alti o per altre caratteristiche, fisiche e non); il 40% l’origine straniera e l’orientamento sessuale; il 24% consiste nel bullismo di genere; il 19% è invece bullismo predatorio (ovvero il fatto di accanirsi, perlopiù con furti, sempre sullo stesso soggetto). I disabili sarebbero oggetto di bullismo per il 16% ed il restante 2% riguarderebbe il credo religioso. A spingere a bullizzare gli altri sarebbe, nella stragrande maggioranza dei casi, una insicurezza personale ed una rabbia repressa.
Il fenomeno, ma questo è facilmente prevedibile, ha subito una sorta di rallentamento durante il periodo del lockdown dovuto alla pandemia, che ha peraltro visto la chiusura delle scuole in tutta la penisola in favore della didattica a distanza. Sarebbe però ripartito una volta finito lo stato di emergenza, ma ancora di più alla ripresa della scuola in presenza.
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