Una fantastica iniziativa che unisce la tecnologia e l’umanità è stata sviluppata dal professor Carmine Recchiuo e dal professor Antonio Sgorbissa insieme ad un gruppo di giovani colleghi del Dibris, il dipartimento di Informatica, bioingegneria, robotica e ingegneria dei sistemi dell’ateneo genovese. Tutto è iniziato dalla difficoltà di integrazione di due bambini ucraini che frequentavano la scuola. Grazie alla loro preparazione, i componenti del team hanno avuto l’idea di utilizzare “Pepper”, un robot umanoide in grado di adeguare il proprio comportamento alla persona che ha di fronte.
Pepper, un robot di sostegno per gli studenti
Pepper, costruito dall’azienda franco-giapponese Softbank, è dotato di un’intelligenza artificiale sviluppata proprio nei laboratori del Dibris e ha già avuto un ruolo importante nel progetto di intelligenza artificiale Caresses. Le sue prime applicazioni sono avvenute in un paio di case di cura, l’Advinia HealthCare in Inghilterra e la rete di residenze Hisuisui in Giappone. Grazie alla sua capacità di adeguarsi al comportamento delle persone, Pepper è stato in grado di stabilire una connessione empatica con gli anziani e di aiutarli a superare la solitudine e l’isolamento.
Dalle case di cura alle scuole
Ora, Pepper ha trovato una nuova casa nella scuola, dove ha il compito di aiutare i ragazzi in difficoltà ad integrarsi e ad affrontare i loro problemi emotivi. Il test con i più giovani è durato tre mesi ed ha coinvolto 300 alunni di prima e seconda media della scuola Parini-Merello di Genova. In una scuola così frequentata, c’è stato modo di mettere alla prova Pepper, che ha potuto “interagire” nell’aula di informatica a turni di mezz’ora con quattro studenti alla volta. Grazie alla sua natura non giudicante e alla sua intelligenza artificiale, Pepper sarebbe in grado di fornire un effettivo aiuto ai ragazzini in difficoltà, dando loro il sostegno emotivo di cui hanno bisogno per superare i loro disagi. Inutile sottolineare come questa iniziativa dimostri come la tecnologia possa essere utilizzata per creare un mondo migliore, dove le macchine possono aiutare gli esseri umani a raggiungere il loro pieno potenziale.
Grazie al lavoro di menti brillanti come quelle del professor Recchiuo e del professor Sgorbissa, ed alla progettazione dell’esperimento da parte di una loro dottoranda di soli 26 anni, Lucrezia Grassi, possiamo guardare con ottimismo al futuro e alle infinite possibilità che la tecnologia ci offre.
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