PAROLE INTRADUCIBILI: LE PIU' STRANE. A certe persone capita almeno una volta al giorno, mentre altri sono più fortunati, ma è qualcosa di cui tutti prima o poi hanno fatto esperienza: cercare di spiegare un concetto che nella propria testa è estremamente chiaro e iconico con una valanga di parole a delineare una descrizione non proprio accuratissima. Il più delle volte non siamo noi che non siamo in grado di esprimerci bene quanto vorremmo, ma è proprio la lingua che usiamo a mancare del termine esatto a indicare quello specifico concetto. Gli appassionati di linguistica conoscono bene questo problema e tra di loro scherzano citando il giapponese e il tedesco, idiomi che hanno un enorme numero di vocaboli deputati proprio a indicare situazioni molto particolareggiate. Si tratta ovviamente di parole intraducibili da una lingua e per essere compresi necessitano di una sorta di parafrasi.
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PAROLE INTRADUCIBILI: QUELLE PIU' STRANE IN ITALIANO E IN ALTRE LINGUE. Vediamo allora quali sono le parole introducibili più assurde che si possono trovare sulla grande piazza delle lingue di tutto il mondo.
- Won – coreano: la difficoltà provata da una persona nel momento in cui deve dire addio a un'illusione che aveva alimentato e che ora deve affrontare la realtà così com'è. Sarebbe piaciuta molto a Giacomo Leopardi.
- Ilunga – tshiluba, lingua parlata nell'Africa centrale: questa è veramente precisissima. Si tratta di una persona che dopo aver perdonato la prima volta alla seconda è già meno bendisposta, mentre alla terza medita direttamente vendetta.
- Schilderwald – tedesco: tipico termine che compare nelle imprecazioni degli automobilisti che vanno di fretta, indica una strada particolarmente stipata di cartelli stradali, tanto che è difficile raccapezzarsi delle indicazioni quando si passa per la prima volta.
- Tsundoku – giapponese: i bibliofili conoscono benissimo la situazione, e ora possono usare anche il termine apposito. Tsundoku indica infatti l'acquisto compulsivo di libri che con tutta probabilità non si riuscirà mai a leggere, solo per impilarli in colonne sempre più alte e pericolanti.
- Iktsuarpok – inuit: non sappiamo quali appuntamenti si diano gli eschimesi (termine scorretto ma che usiamo per semplicità), ma questa parola indica proprio il nervosismo che si percepisce quando si è costretti ad aspettare una persona ritardo. Se non fosse impronunciabile in certe parti d'Italia potrebbe diventare un tatuaggio molto gettonato.
- Culaccino – italiano: la citiamo perché probabilmente non è affatto conosciuta e il suono è davvero simpatico, prestandosi a scherzi vari. Sarebbe il caratteristico alone che viene impresso sul tavolo da un bicchiere o una tazza bagnati. Il culaccino di un espresso o il culaccino di un mokaccino potrebbero diventare tormentoni tra amici, siete avvertiti.
- Age-otori – giapponese: avere un look decisamente molto peggiore dopo essersi sottoposti a un taglio dei capelli. Sarebbe un termine indispensabile per tutte le donne italiane che continuano a rivolgersi al loro parrucchiere con il coltello tra i denti e il cuore in gola.
- Prozvonit – ceco: forse i giovani d'oggi non potranno capire quanto sia utile questa parola, ma i più anziani si commuoveranno. Prozvonit indica infatti l'atto di fare uno squillo al cellulare di una persona con l'intenzione, o per meglio dire la speranza, di farsi richiamare senza dover consumare preziosissimo credito, magari già esaurito. Gli studenti di tutto il mondo annuiscono silenziosamente.
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