Il pm sottolinea la premeditazione e la crudeltà del femminicidio: “Nessuna alternativa alla pena massima”.
La Corte d’Assise di Venezia ha accolto la lunga requisitoria del pubblico ministero Andrea Petroni che ha chiesto l’ergastolo per Filippo Turetta, imputato per il femminicidio di Giulia Cecchettin avvenuto l’11 novembre 2023. Nel suo intervento, il pm ha tracciato una doppia narrazione: da una parte, i fatti che hanno portato all’omicidio, dalla pianificazione alla brutale esecuzione; dall’altra, l’ossessione di possesso che Turetta nutriva nei confronti di Giulia.
La ricostruzione è partita dal 7 novembre 2023, quattro giorni prima del delitto, quando Turetta ha iniziato a stilare una “lista delle cose da fare”, segno evidente, secondo l’accusa, di una premeditazione lucida; tra gli oggetti acquistati compaiono infatti lo scotch per immobilizzare Giulia, un calzino per tapparle la bocca, sacchi neri e coltelli. Dalla “lista delle cose da fare” è poi passato alla fuga, pianificata nei minimi dettagli con mappe cartacee, cancellazione della presenza sui social e ricerca di luoghi isolati per occultare il corpo.
Il pm ha poi descritto i momenti successivi al delitto, con il corpo della ragazza nascosto vicino al lago di Barcis, in Friuli, e il tentativo di eliminare ogni traccia di Giulia, come il suo telefono e il computer. La fuga di Turetta, terminata in Germania, e i video delle telecamere stradali che documentano il suo percorso, sono stati presentati come ulteriori prove della premeditazione e della crudeltà dell’imputato.
La crudeltà e il rapporto malato
Durante l’udienza, Petroni ha voluto sottolineare anche gli aspetti psicologici del caso, ripercorrendo i messaggi scambiati tra i due. Turetta, spesso in tono minaccioso, si lamentava e si dipingeva come vittima, mentre Giulia, sempre più spaventata, confidava alle amiche la propria paura e la decisione di voler chiudere la relazione. Questa dinamica evidenzia come l’omicidio sia stato il tragico epilogo di una relazione dominata dall’ossessione di controllo.
Il rappresentante dell’accusa ha anche invitato i giudici a visionare i video che testimoniano il crimine e a leggere attentamente i messaggi che documentano la paura crescente di Giulia. “Non si tratta solo di un femminicidio avvenuto l’11 novembre, ma di un percorso di stalking e di manipolazione culminato in un atto di estrema crudeltà” ha dichiarato Petroni.
La famiglia di Giulia e il ruolo della giustizia
In aula erano presenti i familiari di Giulia, che si sono costituiti parte civile: il padre Gino Cecchettin, i fratelli Elena e Davide, la nonna Carla e lo zio Alessio. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza di trasformare questa tragedia in un simbolo, affinché Giulia diventi un esempio per sensibilizzare la società sui temi della violenza di genere.
Dal canto suo, Filippo Turetta, vestito con una felpa bordeaux, è rimasto silenzioso, ascoltando le parole del pm a capo chino. Non ci sono stati dialoghi con i suoi legali, lasciando che il clima di silenzio e tensione pervadesse l’aula.
I prossimi sviluppi del processo
La difesa, rappresentata dall’avvocato Giovanni Caruso, avrà l’opportunità di intervenire nella prossima udienza. Si parla di una possibile strategia basata sulla “giustizia riparativa”, un percorso che non ridurrebbe la pena ma mirerebbe a un processo di redenzione dell’imputato. La sentenza è attesa per il 3 dicembre, dopo le eventuali repliche.
Con questa richiesta di ergastolo, il processo entra nella sua fase finale, lasciando aperte profonde riflessioni sul tema della violenza contro le donne e sul ruolo della giustizia nel garantire il rispetto per le vittime e le loro famiglie.