Rapporto Ocse: il quadro preoccupante dei laureati in Italia
In questi giorni l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha presentato al Ministero del Tesoro il rapporto “Strategie per le competenze” in cui è stata analizzata la situazione attuale circa i laureati in Italia. Il quadro che ne è venuto fuori è davvero preoccupante tanto che l’Italia ha in media 10 punti in meno rispetto alle statistiche degli altri 29 Paesi del mondo occidentale presi in considerazione. Secondo il rapporto, solo il 20% degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato rispetto alla media Ocse del 30%, e la situazione è aggravata dal fatto che coloro che hanno un titolo di studio universitario possiedono, in media, un più basso tasso di competenze soprattutto in lettura e in matematica.
Rapporto Ocse: laureati inseriti male nel mondo del lavoro
Secondo il rapporto dell’Ocse, gli italiani non solo hanno minori competenze ma non sono nemmeno sfruttati in modo adeguato dal mondo del lavoro. In media, l’11,7% dei lavoratori laureati hanno competenze superiori ma si trovano ad essere sfruttati per mansioni che ne richiedono in quantità inferiore. Ancora più assurdo è l’esistenza di una percentuale elevatissima, che corrisponde al 35% dei lavoratori, che attualmente è occupata in un settore non correlato ai propri studi universitari. La colpa è da attribuire da una parte alle università, non collegate in modo appropriato con le esigenze del mondo del lavoro, e dall’altra alle aziende stesse, incapaci sia di usare in modo efficace le competenze a loro disposizione sia di investire in tecnologie innovative.
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Rapporto Ocse: le riforme innovative per l’Italia
A conclusione del rapporto, l’Ocse ha però riconosciuto che l’Italia ultimamente si sta impegnando ad attuare riforme innovative per il mondo universitario e lavorativo tra Jobs Act, Buona scuola, Industria 4.0, Garanzia Giovani e la legge Madia sulla P.a. In particolare la riforma dell’istruzione è stata elogiata per il piano per il digitale e l’Alternanza scuola lavoro che, a lungo termine, potrebbe influire in maniera positiva sull’inserimento dei laureati nelle aziende al termine degli studi.