La riforma dell’accesso alla facoltà di medicina ha preso ufficialmente forma con l’approvazione della nuova legge che supera il test d’ingresso iniziale, introducendo invece un semestre-filtro come metodo di selezione. La decisione arriva dopo un lungo dibattito parlamentare e diverse proposte alternative avanzate dal mondo accademico. Nonostante le perplessità iniziali, il Governo ha optato per questa soluzione, ritenendola più adeguata alle esigenze del sistema sanitario nazionale e alla formazione dei futuri medici.
Giovanna Iannantuoni, presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (Crui), pur avendo sostenuto un approccio differente, ha dichiarato l’impegno delle università ad applicare la riforma “al meglio”, garantendo la qualità dell’insegnamento e mantenendo elevati gli standard formativi.
Le modalità di attuazione della riforma
L’effettiva implementazione della riforma sull’accesso a Medicina resta ancora in sospeso, in attesa dei decreti attuativi che dovrebbero essere pubblicati “prima dell’estate”, come evidenziato dalla presidente Iannantuoni.
Il ministro dell’università e della ricerca Anna Maria Bernini ha promesso un incremento di 336 milioni di euro di finanziamenti aggiuntivi. Questo stanziamento sarà fondamentale per gestire l’aumento degli studenti durante il primo semestre.
Tuttavia, Iannantuoni ha chiarito che non sarà possibile ampliare immediatamente l’organico docente: “I bilanci delle università sono già impegnati, ci vorrà gradualità per reclutare nuovi professori”. Le risorse attuali degli atenei non consentono un’espansione repentina, rendendo necessario un approccio progressivo.
L’impatto sulla selezione dei candidati
La riforma dell’accesso a medicina preoccupa per le conseguenze sui candidati che non supereranno la selezione dopo il semestre-filtro. Come evidenziato dalla presidente Iannantuoni, circa tre quarti degli iscritti iniziali non riusciranno a proseguire il percorso in medicina dopo i primi sei mesi di corso. Questo consistente numero di studenti dovrà necessariamente riorientare il proprio percorso accademico.
Una delle conseguenze più rilevanti sarà il probabile affollamento di corsi di laurea affini. Molti degli esclusi, infatti, sceglieranno di trasferirsi verso facoltà come Scienze motorie e Biologia, creando una concentrazione eccessiva di studenti in queste aree. Come sottolineato nell’intervista a Repubblica, questi corsi rischiano di trovarsi “affollati oltre misura”, con potenziali ripercussioni sulla qualità della didattica.
La proposta alternativa dei Rettori
La Conferenza dei Rettori delle Università Italiane aveva in effetti elaborato una strategia differente per selezionare gli aspiranti medici. Il piano prevedeva corsi online completamente gratuiti e accessibili a tutti nelle materie fondamentali come Fisica, Biologia e Chimica, seguiti da esami di idoneità in rete strutturati come quiz a risposta multipla. La presidente Iannantuoni ha specificato che “chi avesse ottenuto l’idoneità, avrebbe poi dovuto superare tre esami per iscriversi al test nazionale”, creando così un percorso preliminare di valutazione più graduale.
Nonostante l’impegno nella formulazione di questa proposta alternativa, il Governo ha scelto di procedere diversamente, bocciando il modello suggerito dalla Crui. Di fronte a quella che Iannantuoni definisce una “decisione inequivocabile”, i Rettori hanno assunto un atteggiamento pragmatico:
“Noi dobbiamo guardare avanti per il bene dei nostri studenti”, ha dichiarato la presidente, confermando la volontà di applicare al meglio la riforma approvata.
La principale differenza tra le due procedure riguarda il momento della selezione: mentre la proposta dei Rettori prevedeva un filtraggio preliminare attraverso corsi propedeutici, il sistema approvato sposta la selezione dopo un semestre di frequenza, creando potenziali criticità per gli studenti che non supereranno la fase selettiva.
Le implicazioni per la ricerca e i precari
La presidente Iannantuoni ha evidenziato come l’Italia stia vivendo un momento favorevole per la ricerca universitaria, sottolineando che “oggi l’Italia, grazie al Pnrr, ha una capacità attrattiva accresciuta”. Secondo la presidente della Crui, gli atenei italiani hanno costruito una rete di opportunità superiore a quella realizzata all’estero, con “un forte motivo di attrazione in ogni regione” che rende il sistema accademico italiano particolarmente competitivo nel panorama internazionale.
Affrontando il tema del precariato nella ricerca, Iannantuoni ha riconosciuto l’esistenza di importanti passi avanti: “Oggi il contratto di ricerca esiste e i primi 400 precari troveranno una stabilità”. Tuttavia, ha anche ammesso che queste misure non sono sufficienti, poiché le università necessitano di figure professionali con maggiore flessibilità contrattuale. Ha citato come esempio il contratto della sanità, che attualmente non prevede il contratto di ricerca specifico.
Per risolvere queste criticità, la presidente ha suggerito di attingere a forme contrattuali diverse a tempo determinato, evidenziando come questa flessibilità sia necessaria “anche nell’interesse dei ricercatori precari” stessi. L’obiettivo appare quello di trovare un equilibrio tra stabilizzazione e necessità di adattamento alle diverse esigenze del sistema universitario e di ricerca, garantendo comunque prospettive concrete per chi intraprende questa carriera.