Il fenomeno dei suicidi tra gli insegnanti in Italia ha raggiunto dimensioni allarmanti, con 110 casi registrati nel decennio 2014-2024, traducendosi nella drammatica media di quasi un decesso al mese. Questi numeri, che potrebbero essere addirittura sottostimati, rivelano una realtà nascosta del mondo della scuola, dove i docenti si trovano ad affrontare pressioni e difficoltà che troppo spesso rimangono nell’ombra.
La gravità della situazione richiede un’analisi approfondita delle cause, delle statistiche e del contesto lavorativo in cui operano gli insegnanti, considerando che si tratta di una delle categorie professionali più esposte allo stress e al rischio di burnout.
Statistiche e dati
I numeri parlano chiaro: tra il 2014 e il 2024 sono stati registrati 110 casi di suicidi tra gli insegnanti italiani, con una media che si attesta a quasi un decesso al mese. Un dato particolarmente significativo emerge dall’analisi mensile, che mostra un rallentamento del fenomeno durante luglio e agosto, periodo di sospensione delle attività didattiche.
Il 2017 ha segnato il picco più drammatico con ben 26 episodi documentati, mentre negli altri anni si sono registrati mediamente tra i 6 e gli 11 casi annuali.
L’assenza di un database nazionale che categorizzi i suicidi per professione rende difficile avere un quadro completo del fenomeno. Molti casi potrebbero non essere stati classificati correttamente o potrebbero essere sfuggiti alle statistiche ufficiali, lasciando nell’ombra una realtà ancora più preoccupante di quella che emerge dai dati disponibili.
Cause e fattori di rischio
Il contesto lavorativo degli insegnanti è caratterizzato da livelli di stress particolarmente elevati, con il burnout che emerge come una delle principali minacce al benessere psicologico dei docenti. Contrariamente alla percezione comune di un lavoro con orari ridotti e lunghe vacanze estive, la realtà quotidiana rivela ritmi intensi e pressioni costanti che gravano sulla salute mentale degli educatori.
Nell’80% dei casi di incompatibilità con l’insegnamento, alla base si riscontrano diagnosi psichiatriche. Questa percentuale supera di cinque volte l’incidenza delle patologie vocali, tradizionalmente considerate il disturbo professionale più comune tra i docenti.
La professione docente si configura quindi come un mestiere particolarmente usurante a livello psicologico, caratterizzato da un carico emotivo significativo che include la gestione delle relazioni con studenti, genitori e colleghi, oltre alle crescenti responsabilità amministrative e burocratiche.
Aspetti legislativi e mancanza di supporto
La situazione normativa italiana presenta gravi lacune nel monitoraggio e nella tutela della salute mentale dei docenti. Il decreto legislativo n. 81 del 2008, che dovrebbe vigilare sul rapporto tra stress e lavoro nelle professioni ad alto rischio come l’insegnamento, resta sostanzialmente inapplicato.
I dati raccolti dalle commissioni mediche di verifica negli ultimi vent’anni giacciono inutilizzati, impedendo una comprensione approfondita del fenomeno. La mancata elaborazione di queste informazioni ostacola lo sviluppo di strategie preventive efficaci e l’implementazione di misure di supporto adeguate.
L’assenza di un quadro normativo strutturato lascia i docenti privi di tutele specifiche contro lo stress lavorativo, evidenziando l’urgente necessità di riforme concrete per proteggere questa categoria professionale.
Differenze per genere e distribuzione geografica
L’analisi dei dati rivela una distribuzione disomogenea del fenomeno tra i generi: 45 uomini e 65 donne hanno compiuto il gesto estremo nel decennio esaminato. Considerando che le donne rappresentano l’83% del corpo docente, emerge una maggiore incidenza proporzionale tra gli insegnanti maschi. Per le docenti, l’età media delle vittime coincide con il periodo perimenopausale, fase che comporta un elevato rischio depressivo.
La distribuzione territoriale evidenzia una netta prevalenza nel Sud e nelle Isole, dove si concentra il 58% dei casi, seguito dal Nord con il 23% e dal Centro con il 19%. Riguardo ai livelli scolastici, la scuola primaria registra 23 casi, mentre la secondaria di primo e secondo grado rispettivamente 27 e 38. La scuola dell’infanzia presenta un’incidenza minore, con 14 casi, dato correlato al minor numero di docenti e alla loro età media più bassa.
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