Settimana corta di quattro giorni a scuola: sogno o realtà? I luoghi in cui è applicata - Studentville

Settimana corta di quattro giorni a scuola: sogno o realtà? I luoghi in cui è applicata

Riflessioni sulla proposta della settimana di quattro giorni a scuola. In quali Paesi la formula è già applicata e perché in Italia c'è ancora molta strada da fare sull'argomento.
Settimana corta di quattro giorni a scuola: sogno o realtà? I luoghi in cui è applicata

I possibili vantaggi della settimana corta nel mondo dell’istruzione

L’organizzazione scolastica può essere prevista su quattro giorni alla settimana? Questo quesito sta facendo molto discutere le istituzioni, soprattutto in Italia. Infatti, in questi ultimi periodi l’idea non sarebbe poi così da scartare anche se non di facile applicazione.

Va da sé che una tale “rivoluzione” dovrebbe ridefinire piani e programmi didattici e la distribuzione delle risorse, umane e finanziarie.

Nel nostro Paese, sembrerebbe che la cosiddetta settimana corta sia ancora non applicabile, poiché alcune scuole hanno attualmente una pianificazione su cinque giorni, ma altre sono organizzate fino al sabato. Si tratterebbe quindi di accorciare di uno o di due giorni le attuali settimane scolastiche prevedendo una nuova organizzazione.

Cosa avviene negli altri Paesi?

La rimodulazione del monte ore a scuola è già realtà in alcune nazioni al mondo, le quali, evidentemente, hanno una organizzazione didattica differente. Molto dipende anche dal contesto territoriale in cui tale “regolamentazione” è applicabile.
Negli Stati Uniti, ad esempio, è prevista la settimana corta a scuola in alcuni territori di chiaro stampo rurale, come l’Oregon o il Colorado. In questo caso le stesse strutture scolastiche hanno riscontrato una forte riduzione delle spese in fatto di riscaldamento e trasporti, abbattendo anche, in parte, i costi fissi.

Anche in Corea del Sud e in Giappone la settimana corta viene spesso applicata. In questi casi, non significa però che gli studenti “lavorino” di meno. Infatti, le ore didattiche vengono integrate con attività extra legate laboratori, poli tecnologici, attività culturali e scientifiche.

In alcuni Paesi dell’Africa, come il Kenya, la settimana corta è integrata con pratiche agricole e imprenditoriali, improntando così lo studente alla vita reale.

Brasile e Australia, ad esempio, hanno pensato la settimana ridotta grazie a lezioni virtuali e ad altre attività, come lo sport e la cultura. Questo per evitare che i ragazzi abbandonino il percorso d’istruzione.

Chi ha già sperimentato la settimana corta ha riscontrato anche benefici a livello fisico e mentale: una maggiore motivazione, maggior tempo libero e nuovi stimoli per gli alunni, i quali si presentano mediamente meno stressati e anche con una resa scolastica migliore.

Perché in Italia non è immediatamente applicabile la settimana ridotta a scuola?

La tematica è in fase di dibattito, ma bisogna dire che alcuni istituti scolastici già operano avendo eliminato le lezioni del sabato, passando da sei a cinque giorni la settimana.

Ci sono i margini per ridurre ancora di un giorno? Operare su quattro giorni vorrebbe dire abbattere dei costi, ma fare anche i conti con alcune criticità, come i contratti degli insegnanti, del personale scolastico ATA, la gestione della giornata “di riposo”. Arrivare ad una organizzazione didattica spalmata dal lunedì al giovedì significherebbe anche stravolgere i piani lavorativi e organizzativi di genitori e famiglie. Gli aspetti contrattuali sono però quelli che più di altri meriterebbero un focus, poiché si renderebbe necessaria una totale riorganizzazione tra ore lavoro e salari.

Alcune delle proposte principali includono nella programmazione della settimana corta laboratori ricreativi, attività sportive, poli educativi, prestazioni in attività sociali e comunali e il coinvolgimento degli enti del territorio. Inoltre, potrebbero venire incluse anche attività extra in laboratori STEM e tecnologici.

Se i quattro giorni comporterebbero delle riduzioni di spese alla scuola, d’altro canto si renderebbero necessari degli investimenti per poter garantire in strutture adeguate la gestione del tempo extra scolastico.

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