Settembre è sempre più vicino e il ritorno a scuola non smette di far discutere. Dalla questione delle mascherine, da settimane al centro del dibattito, si passa ora ai sistemi di aerazione. Per evitare un altro contagio diffuso, la comunità scientifica sembra infatti propendere per questa soluzione: è necessario trattare l’aria all’interno delle aule. Ma i problemi sono tanti e di diversa natura.
L’implementazione dei sistemi di aerazione si dimostra un piano difficile da attuare, soprattutto al livello di costi. E allora probabilmente si ricorrerà a soluzione alternative, che però presentano alcune controindicazioni da non sottovalutare. Stiamo parlando dei metodi “caserecci” già adottati in questi anni: tenere il più possibile le finestre aperte. Ora, in estate, non sembra una prospettiva problematica, ma con l’arrivo dell’autunno la situazione non può che cambiare. Per non parlare poi dell’inverno. Questo comportamento, per quanto funzionale in tempi di pandemia, aggrava però il fenomeno delle “aule fredde”, già presente prima del Covid nelle scuole italiane.
I costi troppo elevati dei sistemi di aerazione
Ecco perché la comunità scientifica preme affinché le scuole vengano dotate di sistemi di aerazione. Se venissero implementati, infatti, ci sarebbe un continuo ricambio d’aria, senza la necessità di tenere le finestre aperte. Ma allora perché non si procede? Perché i sistemi di aerazione ancora non sono stati implementati? Il problema principale, come al solito, è dovuto ai costi. È vero, il Decreto Fondi ha destinato alle scuole ben 150 milioni di euro per far fronte ai disagi dell’emergenza sanitaria, ma tali fondi non sembrano bastare.
I sistemi di aerazione costano troppo. Secondo una stima dell’ANP (Associazione Nazionale Presidi), per dotare di tali sistemi una scuola di medie dimensioni servirebbero circa 60mila euro. Ma quanti sono gli edifici scolastici? Se si fa riferimento ai dati del Ministero dell’Istruzione, gli edifici attualmente attivi sono circa 40mila. Attraverso un rapido calcolo, ci si rende subito conto dei costi esosi dell’impresa.
Comunità scientifica: “presidi abbandonati a sé stessi”
I medici e la comunità scientifica in generale si schierano al fianco dei presidi. Nei giorni precedenti, così si è espressa la SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale): “Nonostante le evidenze scientifiche sulle modalità di trasmissione del virus, sul tema scuola in Italia qualcosa si è fermato, o meglio non si è mai partiti col piede giusto. Mancano del tutto delle linee guida sulla tipologia di interventi realizzabili negli istituti e sulle tecnologie più idonee per ogni tipo di esigenza, e i presidi sono abbandonati a sé stessi senza una guida per orientarsi, con lo Stato che demanda tutte le decisioni alle singole scuole in nome dell’autonomia scolastica”. Parole dure, che lasciano pochissime zone d’ombra.
Ma la comunità scientifica non si limita a schierarsi a favore dei presidi. In questi giorni si sta infatti impegnando soprattutto a trovare delle soluzioni alternative, più sostenibili dal punto di vista economico.
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