Il 2020 è stato il suo anno: lo smart working è entrato di diritto nel settore pubblico e privato più di quanto non fosse mai stato. Ora, però, il “decreto riaperture” torna a regolarlo, con importanti novità che tenderanno a rivoluzionare ancora una volta le abitudini dei lavoratori. Cosa cambia a maggio?
Renato Brunetta, ministro della Pubblica Amministrazione, si è recentemente espresso sull’argomento:
“L’esperienza dello smart working è stata straordinariamente positiva, tutti noi abbiamo imparato a fare videoconferenze e a lavorare da remoto. Ma bisogna strutturarla con contratti di lavoro opportuni. È quello che stiamo facendo perché questo contenuto è all’interno del rinnovo del contratto”.
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Smart working, cosa cambia
Se, passata l’emergenza sanitaria, per molti italiani il lavoro agile resterà la regola, per altri, sia nel settore pubblico che nel privato, subirà un ulteriore altro cambiamento. In base al decreto legge 22 aprile 2021, n. 52 (decreto Riaperture) lo stato di emergenza è stato prorogato al 31 luglio 2021. E’ questo, dunque, il termine per l’utilizzo della procedura semplificata di comunicazione dello smart working.
Nel settore pubblico
Il suddetto decreto ha fatto saltare l’obbligo dello smart working al 50% nella pubblica amministrazione. Ci sarà maggiore flessibilità organizzativa per la PA e un abbassamento della quota di lavoro agile nei Pola (Piani organizzativi del lavoro agile). Allo stesso tempo, il lavoro agile nel settore pubblico si potrà proseguire in deroga fino alla definizione delle nuove regole con il contratto nazionale (non oltre la fine del 2021, comunque). Dunque, il lavoro smart viene confermato almeno fino al 31 dicembre 2021.
Nel settore privato
Nel privato, invece, non servirà l’accordo individuale tra azienda e lavoratore per avviare o proseguire il lavoro agile. Verrà prorogato fino al 30 settembre 2021. Almeno da quanto si legge nella bozza del decreto Sostegni bis (verrà esaminata dal consiglio dei ministri entro venerdì).
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