Studentessa disabile mangia in aula e viene cacciata: cos’è successo
Una studentessa disabile al 100 per cento è stata cacciata dall’università perché “beccata” a mangiare in aula. In realtà in quanto paziente oncologica la ragazza in questione non poteva uscire a mangiare al freddo per problemi di salute, tuttavia il personale non ha voluto sentire ragioni, minacciandola addirittura di chiamare la polizia se non fosse uscita. È successo a Pavia e il personale di portineria afferma di aver solo fatto rispettare le regole.
Studentessa disabile mangia in aula e viene cacciata: la replica del rettore
Non è della stessa opinione il rettore dell’Università di Pavia, Francesco Svelto, che attraverso una nota ha definito questo episodio molto grave, vista la mancanza di rispetto nei confronti di una studentessa fragile: “Ora, innanzitutto, porgo alla studentessa le più sentite scuse mie personali e dell’Ateneo. Quindi, aprirò un’istruttoria interna per verificare i fatti e valutare la sussistenza degli estremi per avviare un procedimento disciplinare nei confronti del personale coinvolto“. La stessa università è sempre stata molto attenta al tema dell’inclusione, soprattutto per ragazzi disabili e con problemi di DSA.
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Sulla questione è intervenuto anche il Ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli che si è congratulato con il rettore dell’ateneo per la tempestiva risposta e buona volontà di arrivare fino in fondo a questa brutta vicenza: “Quanto accaduto ieri alla studentessa, paziente oncologica e con disabilità al 100%, cacciata dall’aula dell’università mentre tentava di consumare il suo pasto, mi ha profondamente amareggiata. Episodi di questo genere non sono tollerabili in una società civile, in quanto mortificano chi quotidianamente convive con una disabilità e affronta delle complesse e serie terapie. Giorgia, con la quale ho parlato oggi, è una ragazza che grazie alla sua voglia di vivere e alla sua forza, è riuscita, nonostante le difficoltà determinate dalla malattia, a superare il difficile periodo di isolamento a cui è stata costretta per via dell’emergenza pandemica, e a ritornare ad impegnarsi nelle attività quotidiane. È inaccettabile che le precauzioni prese con responsabilità da una persona in condizioni di fragilità vengano ancora confuse con immotivate pretese. Il problema anche in questo caso è culturale: mentre le leggi avanzano, la loro concreta applicazione resta purtroppo ancorata a una visione limitata e miope della disabilità e quanto accaduto a Giorgia ne è la dimostrazione“.