Maturità 2023: la traccia della Seconda Prova al Liceo Classico
La Maturità 2023 è in pieno svolgimento, ma oggi si concludono gli scritti. Questa mattina gli studenti del Liceo Classico sono stati alle prese con la versione di latino. Per loro l’autore scelto per la traduzione è stato Seneca con il testo “Chi è saggio non segue il volgo” tratto da “Lettere morali a Lucilio“.
Seneca è uno degli autori latini più apprezzati dal MIUR – nonché più noti ed apprezzati in generale – che ha proposto una sua versione così 16 volte. Dal 2001 a oggi, è stato scelto 5 volte (2003, 2007, 2011, 2017 e quest’anno).
Lettere morali a Lucilio: struttura e temi dell’opera
Le Epistulae morales ad Lucilium (“Lettere morali a Lucilio“) sono una raccolta di 124 lettere suddivise in 20 libri, scritte da Seneca negli ultimi mesi di vita. Il destinatario di queste lettere è Lucilio Iuniore, governatore della Sicilia inoltre poeta e scrittore. Non è chiaro ancora se siano missive effettivamente spedite oppure di una pura finzione letteraria. Si pensa comunque sia un epistolario reale, visto che in varie lettere l’autore sollecita una risposta da parte dell’amico. Le lettere esordiscono quasi sempre con una osservazione che riguarda un tema della vita quotidiana, procedendo verso un principio filosofico estratto dalla stessa. Molti dei temi trattati nell’opera sono fondamentali per la filosofia stoica, tra cui l’imperturbabilità d’animo del saggio, il disprezzo della morte e la virtù come bene supremo. E nel testo proposto alla Maturità 2023 di cosa si parla?
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Ricordiamo che Lucio Anneo Seneca è stato un filosofo seguace dello stoicismo e drammaturgo, attivo in diversi campi, compresa la vita pubblica, è stato senatore, questore e precettore del futuro imperatore Nerone. Molto vasta la produzione di Seneca, tuttavia diverse opere sono perdute, mentre altre sono note solo per pochi stralci.
Chi è saggio non segue il volgo di Seneca: testo
Ecco il testo in latino della versione da tradurre dal latino all’italiano per la seconda prova “Chi è saggio non segue il volgo” di Seneca (tratto dalla lunghissima epistola 94 del 15esimo libro costituita da 74 paragrafi):
PRE-TESTO
Omnia ista exempla, quae oculis atque auribus nostris ingeruntur, retexenda sunt et plenum malis sermonibus pectus exhauriendum. Inducenda in occupatum locum virtus, quae mendacia et contra verum placentia exstirpet, quae nos a populo, cui nimis credimus, separet ac sinceris opinionibus reddat. Hoc est enim sapientia, in naturam converti et eo restitui, unde publicus error expulerit. Magna pars sanitatis est hortatores insaniae reliquisse et ex isto coitu invicem noxio procul abisse. Hoc ut esse verum scias, aspice, quanto aliter unusquisque populo vivat, aliter sibi.
TESTO:
Non est per se magistra innocentiae solitudo nec frugalitatem docent rura, sed ubi testis ac spectator abscessit, vitia subsidunt, quorum monstrari et conspici fructus est. Quis eam, quam nulli ostenderet, induit purpuram? Quis posuit secretam in auro dapem? Quis sub alicuius arboris rusticae proiectus umbra luxuriae suae pompam solus explicuit? Nemo oculis suis lautus est, ne paucorum quidem aut familiarium, sed apparatum vitiorum suorum pro modo turbae spectantis expandit. Ita est: inritamentum est omnium, in quae insanimus, admirator et conscius. Ne concupiscamus efficies, si ne ostendamus effeceris. Ambitio et luxuria et inpotentia scaenam desiderant; sanabis ista, si absconderis. Itaque si in medio urbium fremitu conlocati sumus, stet ad latus monitor et contra laudatores ingentium patrimoniorum laudet parvo divitem et usu opes metientem. Contra illos, qui gratiam ac potentiam attollunt, otium ipse suspiciat traditum litteris et animum ab externis ad sua reversum.
Chi è saggio non segue il volgo di Seneca: traduzione
Ecco la traduzione del testo di Chi è saggio non segue il volgo di Seneca:
La solitudine non è di per sé maestra di innocenza, né la campagna insegna la frugalità, ma, quando se ne sono andati testimoni e spettatori, i vizi si attenuano, perché essi godono a essere mostrati o ostentati. Chi indossa una veste di porpora, se non c’è qualcuno a cui mostrarla? Chi mette le vivande in stoviglie d’oro, se è solo per se stesso? Davvero uno fa sfoggio della sua ricchezza, disteso da solo all’ombra di un albero in campagna? Nessuno sfoggia per il piacere dei propri occhi oppure di poche persone o delle persone care, ma dispiega tutto l’apparato dei sui vizi in base al numero di persone che lo guardano. È proprio così: lo stimolo a tutte le nostre follie è la presenza di qualcuno che ci ammiri e ci assecondi. Spegni il desiderio, se togli l’opportunità di ostentazione. L’ambizione, lo sfarzo, la sfrenatezza, necessitano la ribalta: se li tieni celati, ne guarirai. E così, se ci troviamo in mezzo allo strepito delle città, ci stia a fianco uno che ci consigli, e alla lode di ingenti patrimoni opponga la lode di chi è ricco con poco e misura le ricchezze dall’uso che se ne fa. Contro quelli che esaltano il favore della massa e il potere, lui sottolinei con ammirazione l’esistenza ritirata dedita agli studi e l’anima che si ripiega su se stessa.