C’è chi è convinto che i giovani non abbiano nessuna credenza religiosa, che il loro unico culto sia quello per divertimento e consumismo e che, nelle chiese, di ragazzi non ce ne sia neanche l’ombra.
C’è chi ritiene invece che il loro rapporto con il Cattolicesimo, la religione più diffusa in Italia, sia ancora forte e stabile.
Secondo il “Rapporto sulla condizione giovanile in Italia” dell’Istituto Iard, sette giovani italiani su dieci si dichiarano cattolici, uno su cinque prega tutti i giorni, ma la percentuale dei praticanti si ferma a circa il 17% (28% tra i 15-17enni, appena il 12,8% tra i 21-24enni). La ricerca, condotta su un campione di 3.000 ragazzi italiani tra i 15 e i 34 anni, è stata presentata recentemente presso la Radio Vaticana da Monsignor Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, secondo cui tra i giovani italiani “esiste una tensione verso la spiritualità e la fede”, che non sempre “riesce a trovare risposta attraverso le forme tradizionali di partecipazione religiosa”.
Una credenza, dunque, molto individuale, soggettiva e spesso limitata ai momenti di sconforto o paura, quando la mancanza di un aiuto porta a sentire la necessità di un punto di riferimento più universale. Sembra essere questa la disposizione spirituale condivisa dalla maggior parte dei ragazzi, che, vuoi per l’educazione ricevuta dalla famiglia, vuoi per una reale assimilazione dei contenuti evangelici, sente sì dentro di sé una qualche fede, ma preferisce coltivarla nel privato piuttosto che partecipare a messe e cerimonie collettive.
Nonostante molti giovani si dichiarino credenti ed interessati alla religione, i fatti contraddicono le loro affermazioni. Da quando la lezione di religione è stata inserita, nelle scuole, tra le materie facoltative, il crollo delle presenze è dilagato in tutte le regioni del nostro Paese. Nelle scuole di Milano, per esempio, i dati diffusi dal Provveditorato provinciale e confermati dalla Curia Ambrosiana hanno confermato che più di uno studente su due sceglie di non avvalersi dell’insegnamento del catechismo a scuola (ma in alcune scuole superiori si sfiora il 70% delle rinunce). Nel 2005 la percentuale degli studenti che non hanno seguito l’ora di religione è passata dall’11,7% al 37,6%. Sempre più bambini non vengono battezzati e la frequenza alla Messa domenicale è diminuita in Italia dal 70% degli anni ’50 al 27 % di oggi.
Un ruolo cruciale gioca, in tutto questo, l’età. Se il bambino è spesso genuinamente convinto dell’esistenza di Dio e della validità della religione insegnatagli dai genitori – qualunque essa sia – l’adolescente si trova a riflettere più in profondità, si ribella all’idea di una religiosità imposta da altri, si confronta con dubbi e confusioni, e spesso si discosta dall’idea di spiritualità. Intorno ai 20 anni l’interesse per la questione si riduce drasticamente, per poi comparire con nuova vivacità verso i 30, 40 anni, quando, come spiega il Presidente dell’Iard Franco Brambilla, “aumenta la tensione verso una dimensione più spirituale dell’esistenza in grado di rispondere meglio alle domande che i nuovi ruoli e le nuove responsabilità dell’età adulta presentano ai giovani”.
Il calo così drastico delle presenze nelle chiese, nonché l’ignoranza diffusa su temi e contenuti evangelici, rivela però che, oggi, la religione è considerata da molti qualcosa di superfluo. È sicuramente in grado di dare aiuto e conforto, ma è spesso vista come anacronistica, legata a divieti ormai sorpassati e a visioni troppo limitate. E voi, ci credete? E perché? Il dibattito è aperto.
di Bruna Martini
Partecipa alla discusione e al sondaggio sul forum: Giovani e religione