Plurale Maiestatis: di cosa si tratta e quando è possibile usarlo
Oggi affrontiamo una questione che, per alcuni, potrà risultare superata e non adatta ai giorni nostri. Avete mai sentito parlare di plurale maiestatis? Avete idea di cosa sia, se e quando si usa e dov’è possibile riscontrarne l’utilizzo? La prima cosa che catturerà la vostra attenzione è, senza dubbio, che si tratta di una parola di origine latina e, forse per questa origine, alcuni di voi potranno pensare che non riguarda più il nostro quotidiano e che si tratti di una formula superata. Dal momento che siamo portatori di informazione, e nel nostro piccolo anche di cultura, vogliamo parlarvi di questa formula, per farvi capire di cosa si tratta e quando è possibile usarla.
Plurale Maiestatis: di cosa si tratta
Il pluralis Maiestatis, o plurale maiestatico, è un’espressione linguistica usata quando il soggetto che scrive si riferisce a sé stesso con la prima persona plurale e non con quella al singolare. Si tratta di una forma il cui uso era riferito in particolare a papi e sovrani e che, con il tempo, è diventata sempre meno frequente. Sin dall’antica Roma, in particolare nelle opere autobiografiche di Cicerone, si è riscontrato un forte utilizzo della forma; i re d’Italia, al contrario, smisero di usare questa formula quando, in momenti critici, desideravano esprimere pienamente la loro vicinanza ai sudditi come nel caso del discorso di Vittorio Emanuele III tenutosi il 10 settembre del 1943 e trasmesso dall’emittente Radio Bari. Come è facile intuire, oggi questa forma viene usata sempre meno, vediamo quali sono i casi.
Plurale Maiestatis: quando si usa
Il plurale maiestatis è un’espressione verbale, scritta e orale, che viene usata nel momento in cui l’interlocutore parla, in riferimento a sé stesso, usando la prima persona plurale, anziché quella singolare. Percorrendo un po’ la storia, fin dai tempi dell’antica Roma, ci siamo resi conto che nel tempo il suo utilizzo sia venuto sempre più a mancare, in particolare i re d’Italia, ad esempio Vittorio Emanuele III, lo eliminò dal suo parlato, in un momento di profonda crisi della popolazione, per esprimere piena vicinanza ai suoi sudditi. A cercare di eliminarne definitivamente l’uso, è stato Papa Giovanni Paolo I che ha tentato di non usarlo più negli scritti ufficiali; Papa Giovanni XXIII lo usava solo nei discorsi formali, dove non poteva proprio farne a meno. Oggi, però, resta in uso in ambito universitario ed è usato negli atti ufficiali emanati dal rettore che usa la formula del Noi magnifico Rettore.
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