Continuano ad arrivare notizie drammatiche dall’Ucraina: la Russia ha attaccato una scuola a Mariupol dove si erano rifugiati per scampare ai drammi dei bombardamenti. La notizia viene riportata da Bbc e Sky News che citano un aggiornamento Telegram delle autorità municipali di Mariupol, anche se precisano che non ci sono state ulteriori conferme al momento sull’argomento.
Se fosse vero, sarebbe un dolore senza fine: sotto le macerie resterebbero, infatti, oltre agli studenti, anche donne, bambini e anziani.
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Aggiornamenti dalla guerra in Ucraina
Mariupol è uno dei centri nevralgici del conflitto tra la Russia e l’Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelenskyy ha già fatto sapere che l’assedio della zona passerà alla storia come il “simbolo dei crimini di guerra da parte dell’esercito russo”. Ha poi aggiunto: «L’Ucraina ha sempre cercato una soluzione pacifica. Inoltre, ora siamo interessati alla pace». Il racconto del dramma continua crescere e si fa sempre più vivo perché in questo momento l’Ucraina si trova impossibilitata a raccogliere i corpi per dargli degna sepoltura. Si tratta di una guerra che sta colpendo tutta la popolazione coinvolgendo anche i più giovani. Immagina come se improvvisamente il tuo Paese fosse coinvolto in un conflitto e tu ti trovassi catapultato in un universo completamente diverso dove non avrebbe più importanza il tuo impegno nello studio e nel lavoro ma solo la sopravvivenza. Circa un mese fa a fare notizia è stato l’appello di un gruppo di giovani ucraini che hanno fatto un appello all’Europa per chiedere aiuto. I ragazzi tutti tra i 18 e i 30 anni hanno fatto pervenire il loro appello tramite i social chiedendo un intervento diretto nel conflitto.
La paura è tanta, le città sono sotto assedio e solo a Mariupol più di 2.400 persone sono state uccise negli ultimi giorni. Le autorità hanno dovuto ricorrere a fosse comuni per la sepoltura, per l’impossibilità di fare diversamente. Nell’ultima giornata appena trascorsa circa 4.000 persone sono riuscite a fuggire dal porto del Mar Nero, trovando rifugio fuori dal proprio Paese, lasciando case, famiglie e più in generale la loro intera vita prima del conflitto.