Nell’ultimo Rapporto Annuale dell’Ufficio di Statistica è emerso un quadro misto per l’economia italiana. Da un lato, si è registrata una ripresa dell’occupazione e un Pil in rialzo dell’1,2%; dall’altro, invece, si è appurato come esistano ancora delle criticità che riguardano le donne e i giovani, che rimangono svantaggiati nonostante la ripresa complessiva. Analizziamo di seguito quanto è emerso di dati diffusi a riguardo dall’Istat.
In Italia un giovane su cinque non lavora
Il primo trimestre del 2023 ha portato buone notizie per l’Italia, con una crescita del Pil superiore a quella delle maggiori economie dell’Unione europea. Questo risultato è stato dovuto principalmente al settore dei servizi, mentre quello manifatturiero ha mostrato segnali di rallentamento. Nonostante la ripresa economica generale, però, il Rapporto ha messo in luce la persistente disparità di genere e difficoltà incontrate dai giovani nel mercato del lavoro.
Le donne continuano ad affrontare numerosi ostacoli nella loro partecipazione economica e nell’accesso a posizioni di responsabilità: in questo settore si necessitano quindi degli interventi per garantire una maggiore parità. Allo stesso modo, anche i giovani non attraversano una situazione rosea: i tassi di disoccupazione sono ancora elevati e ragazzi e ragazze continuano ad avere difficoltà nel trovare opportunità di lavoro stabili e ben retribuite.
Un’altra criticità emersa è quella che ha a che fare con gli effetti dell’invecchiamento della popolazione nella nostra penisola, che stanno diventando sempre più evidenti e che minacciano l’economia del paese. Nel 2022 si è registrato un consistente calo delle nascite rispetto al 2019, e questa diminuzione è attribuibile per l’80% alla riduzione delle donne tra i 15 e i 49 anni di età, mentre il restante 20% è dovuto a una diminuzione della fecondità complessiva.
Bene, ma come ovviare al problema? Per far fronte a questa situazione, sarebbe necessario investire nelle nuove generazioni affinché il deficit di ricambio generazionale possa essere parzialmente compensato valorizzando al massimo il loro potenziale. Secondo l’Istat, gli indicatori che riguardano il benessere dei giovani in Italia sono ai livelli più bassi in Europa. Le risorse finanziarie disponibili dovrebbero essere destinate a programmi e politiche che promuovano il benessere e lo sviluppo delle competenze dei giovani, fornendo loro opportunità di crescita e di realizzazione fin dalla più giovane età.
Un giovane su cinque non lavora né studia
Dal rapporto emerge anche che quasi il 20% dei giovani italiani tra i 15 e i 29 anni appartiene ai cosiddetti Neet, coloro che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione. Il tasso di Neet in Italia è oltre 7 punti percentuali più alto della media europea, posizionandosi secondo solo alla Romania nell’UE. Questa tendenza riguarda principalmente le ragazze, che ricoprono una percentuale del 20,5%, e soprattutto i residenti nelle regioni del Sud, con il 27,9%, e gli stranieri, con un tasso del 28,8%, che supera quello degli italiani di quasi 11 punti percentuali. La situazione è ancora più grave per le ragazze straniere, con un tasso che sfiora il 38%.
In proposito si è espresso anche il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, che ha sottolineato come l’Italia sia stata fortemente colpita dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica e come le disuguaglianze economiche, sociali e territoriali si siano aggravate. A peggiorare la ripresa economica sono intervenuti altri fattori come la guerra in Ucraina, le tensioni internazionali, la crisi energetica e l’inflazione. Ma, nonostante tutto, il nostro Paese ha dimostrato una notevole capacità di reazione.
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