L’Università di Padova ha vietato ai suoi docenti di insegnare nelle università telematiche, a causa di preoccupazioni legate alla qualità dell’insegnamento e alla reputazione dell’ateneo. La decisione è arrivata attraverso una delibera approvata dal Senato Accademico.
Nel documento, firmato dalla rettrice Daniela Mapelli, vengono fissati i criteri e le modalità per l’attribuzione di incarichi esterni ai docenti. In particolare, si sottolinea l’importanza della trasparenza, dell’etica e della compatibilità con gli impegni istituzionali. Viene esplicitamente menzionato il divieto per i docenti di assumere incarichi in università telematiche, per evitare conflitto di interessi e garantire la qualità dell’insegnamento e la reputazione dell’istituzione.
Le motivazioni dietro il divieto
La rettrice dell’Università di Padova, Daniela Mapelli, ha recentemente affrontato la questione delle università telematiche e del loro impatto sul panorama accademico italiano in un’intervista rilasciata a ‘Il Mattino di Padova’, in cui ha rivendicato la liceità del provvedimento.
Secondo il regolamento dell’ateneo padovano, ha dichiarato la rettrice, gli organi di governo hanno la facoltà di identificare periodicamente determinate categorie di incarichi che potrebbero generare una situazione di concorrenza o conflitto di interesse con l’Università di Padova.
Sebbene sia favorevole alla competizione tra atenei, Mapelli ha evidenziato che, quando questa competizione diventa squilibrata, è necessario intervenire. Stando all’ultimo rapporto Anvur, le università telematiche presentano un rapporto studenti-professore di 384,8 a 1, mentre nelle università pubbliche il rapporto è di 28,5 a 1 e, nell’ateneo padovano, di 26 a 1. Inoltre, nel 2021-2022, le iscrizioni alle università online sono aumentate del 410,9%, mentre quelle delle università statali hanno registrato una leggera flessione.
Inoltre, l’Università di Padova, essendo un’istituzione pubblica, affronta sfide organizzative ed economiche maggiori rispetto agli atenei online, che possono beneficiare di infrastrutture più snelle e maggiore flessibilità dal punto di vista logistico-organizzativo.
La rettrice ha poi rivelato che solo due professori dell’Università di Padova hanno richiesto di insegnare in un’università telematica, ma a entrambi è stata negata l’autorizzazione. Questa decisione è stata poi condivisa e approvata all’unanimità sia dal Senato Accademico che dal Consiglio di amministrazione.
Molti rettori di altre università italiane hanno mostrato interesse nella delibera dell’ateneo patavino, chiedendo di poterla esaminare.
Per Unicusano si tratta di «un ritorno al passato dettato dal pregiudizio»
La linea adottata dall’Università di Padova ha fatto discutere. In particolare, figure di spicco dell’Università Niccolò Cusano sono intervenute sulla questione.
Il professor Gino Bella, preside della facoltà di Ingegneria Industriale, sottolinea come l’epoca attuale, segnata dalla pandemia, abbia trasformato l’approccio all’istruzione. Bella critica la generalizzazione negativa delle università telematiche e sottolinea le differenze tra le varie istituzioni. Inoltre, evidenzia come alcune delle migliori università al mondo, come il MIT, offrano corsi online.
Il professor Mario Risso, preside della facoltà di Economia all’Unicusano, vede la decisione dell’Università di Padova come un passo indietro, che limita la collaborazione tra università tradizionali e telematiche. Avverte, inoltre, che il rischio è quello di alimentare un fenomeno di discriminazione nei confronti di tutta quella fetta di studenti iscritti alle università telematiche, pari a circa il 10% dell’intera popolazione studentesca italiana.