Un vero e proprio fallimento per la riforma universitaria che ha portato all’inserimento della laurea triennale: lo dimostrano i dati raccolti dall’università di Anvur.
L’ordinamento universitario 3+2 è stato istituito nel 1999: è composto da una laurea triennale, che è un titolo di primo livello, rilasciato al termine del corso di formazione della durata di tre anni e una laurea specialistica, titolo di secondo livello, rilasciato al termine del corso di formazione della durata di due anni, dopo la laurea triennale. Secondo quanto previsto dall’ultima riforma universitaria, i livelli di istruzione rimangono sempre due, ma cambiano di denominazione: la laurea triennale si chiama laurea, o laurea di primo livello; la laurea specialistica invece si chiama laurea magistrale.
Lo scopo di questo ordinamento era incrementare i laureati italiani abbreviando i tempi, ma così non è stato. Da quanto è emerso dal rapporto nazionale dell’università di Anvur, magicamente il risultato del 3+2 è 8: questi sono gli effettivi anni di cui uno studente italiano necessita per terminare il suo percorso universitario. Occorrono almeno 5 anni per completare il corso di laurea triennale, con punte anche di 6 anni soprattutto per le facoltà scientifiche e giurisprudenza; così come per il biennio, servono in realtà 3 anni per arrivare al termine.
Perché tanto ritardo? Il primo anno le matricole sono allo sbaraglio, si trovano in un mondo nuovo, in cui le responsabilità aumentano e non sempre sono in grado di affrontarle, anche perché, soprattutto nelle grandi università, non vengono realmente seguite. Gli esami nei vari corsi di laurea sono tanti e nella maggior parte dei casi, il numero di crediti formativi non corrisponde al carico effettivo di lavoro richiesto per superarli: solitamente i programmi sono molto più corposi del previsto! Ci sono due tesi da scrivere, una per la laurea triennale e una per la magistrale, tirocinio formativo obbligatorio.
La laurea triennale quindi, in quanto a tempistica ha equiparato la vecchia laurea quinquennale, con la differenza, che, purtroppo nel mondo del lavoro, a differenza che all’estero, non è ben vista e quindi uno studente si trova quasi costretto a proseguire gli studi. E la cosa più assurda, è che in molti casi non basta nemmeno una laurea magistrale, ma occorre proseguire con un tirocinio o praticantato, nel caso degli avvocati o, con un master di secondo livello. E così, sempre più italiani si ritrovano a passare molti anni sui libri e quando affrontano un colloquio di lavoro, viene richiesta loro esperienza, che difficilmente hanno, perché non c’è stata la possibilità di raggiungerla.