Ricercatori, rettori e associazioni in campo contro il definanziamento e il precariato. Mobilitazioni in programma a Roma.
Gli atenei italiani sono di nuovo in fermento. Venerdì 20 dicembre sarà una giornata cruciale con due iniziative parallele che metteranno al centro il futuro delle università: gli “stati di agitazione”, promossi da ricercatori precari e sindacati, e gli “Stati generali dell’università” organizzati dalla CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) alla Camera.
Le iniziative si svolgeranno in due momenti chiave: alle 11 presso la facoltà di Architettura al Mattatoio di Roma, dove si riuniranno ricercatori e associazioni, e alle 15 con un presidio al Ministero dell’Università. Parallelamente, gli Stati Generali dell’Università prenderanno il via il giorno precedente, giovedì 19 dicembre, con la partecipazione dei ministri Anna Maria Bernini e Orazio Schillaci e dei principali rappresentanti delle istituzioni di ricerca.
Le proteste nascono dai tagli previsti dalla legge di bilancio e dalla contestata riforma Bernini sul “pre-ruolo”. Ieri si è tenuto un incontro all’Università per gli stranieri di Siena tra i rettori delle università toscane (Firenze, Pisa, Siena Stranieri e Siena statale, Sant’Anna e Normale) e quello di Roma Tre e 122 società scientifiche che hanno denunciano un attacco senza precedenti alla ricerca e all’istruzione superiore.
Tagli e riforme: un quadro preoccupante
L’origine delle proteste va cercata nei pesanti tagli finanziari contenuti nella legge di bilancio che impongono una “spending review” di 7,7 miliardi di euro, colpendo duramente il sistema universitario. I numeri sono impressionanti: oltre 500 milioni di euro di tagli diretti, 300 milioni di mancato adeguamento degli stipendi all’inflazione Istat e ulteriori 702 milioni previsti per il prossimo anno. Un impatto devastante che, secondo le società scientifiche, rappresenta «un attacco al futuro del Paese».
A peggiorare la situazione, la riforma Bernini introduce nuove forme di precarizzazione per i ricercatori, un aspetto che ha generato critiche sia da parte del personale accademico sia da figure istituzionali. Alessandra Petrucci, rettrice dell’Università di Firenze, ha dichiarato che i tagli, pari a 17 milioni di euro per il suo ateneo, complicheranno enormemente la programmazione di tutte le attività dell’ateneo.
L’appello dei rettori e il grido dei ricercatori
La protesta coinvolge sia i rettori che i ricercatori precari, accomunati dalla convinzione che il sistema universitario italiano sia sotto attacco. Massimiliano Fiorucci, rettore di Roma Tre, ha evidenziato l’insostenibilità della situazione affermando che i tagli «bloccheranno il reclutamento e aumenteranno le difficoltà di gestione». Il rettore dell’Università di Pisa, Riccardo Zucchi, ha rincarato la dose, dichiarandosi disposto a “incatenarsi al ministero” pur di sensibilizzare l’opinione pubblica.
I ricercatori precari, che rappresentano il 40% del corpo docente nazionale, lanciano un appello per unire le forze. Alice Federico, dell’assemblea precaria di Pisa, ha chiesto ai rettori di agire concretamente, proponendo misure come la riduzione delle indennità e un maggiore utilizzo delle risorse conto terzi: «Molti di noi saranno espulsi. Non siamo sulla stessa barca, oggi l’università è piena di diseguaglianze. Ai rettori chiediamo fatti concreti: per contrastare i tagli si può iniziare a ridurre le indennità e aumentare i prelievi delle risorse conto terzi dei dipartimenti».
Anche Tomaso Montanari, rettore dell’Università per Stranieri di Siena, ha lanciato un monito: «Nonostante il negazionismo sistematico sui tagli da parte del governo i numeri che sono stati dati dai rettori sono ineludibili. Sta emergendo un disegno convergente in cui si affamano le università, si aumenta il precariato, si contraggono le libertà per trasformare gli atenei in fondazioni com’è accaduto in Ungheria sotto Orban. Un attacco simile si prepara negli Stati Uniti con Trump».
Un futuro incerto per l’università italiana
Le proteste di venerdì saranno un banco di prova per il mondo accademico italiano. La speranza, condivisa da studenti, ricercatori e rettori, è che il governo prenda atto della gravità della situazione e intraprenda azioni concrete per salvaguardare il sistema universitario anche se con i tagli già approvati il percorso appare sempre più in salita.
La mobilitazione, infatti, si annuncia come il primo passo di una battaglia più ampia, come anticipato dal rettore dell’Università di Pisa «Bisogna catalizzare un movimento trasversale che porti all’attenzione dell’opinione pubblica un problema essenziale. Non ci dividiamo, bisogna invertire questa tendenza».