Nonostante l’11% degli studenti universitari sia iscritto a un ateneo telematico, nelle università tradizionale la didattica a distanza non riesce a decollare.
In Italia le università telematiche continuano a crescere, con ben l’11% del totale degli studenti universitari, e superano in termini di iscritti le università tradizionali non statali (meglio conosciute come università private). È quanto emerge dal secondo rapporto del Milan Higher Education Observatory (MHEO), promosso dall’Università degli Studi di Milano in collaborazione con Cineca (consorzio interuniversitario specializzato in servizi informatici, raccolta e gestione dati) e Deloitte.
Il rapporto, presentato negli scorsi giorni presso la Sala Napoleonica dell’Ateneo milanese, sottolinea come la maggior parte delle immatricolazioni e degli avvii di carriera magistrale con corsi a distanza avvenga presso atenei telematici. Per ora prevalgono gli studenti over 35, ma l’età media sta cambiando ed è passata dai 37 anni del 2010 ai 30 anni del 2022.
Alcuni dati
Dati alla mano, in Italia, nell’anno accademico 2021/22 gli iscritti alle università telematiche erano l’11% sul totale nazionale: le immatricolazioni a corsi di laurea triennali o ciclo unico sono state 25.133 (7,58% del totale nazionale) mentre per le magistrali si arriva a 17.406 (11,64%).
Le università telematiche non hanno rivali nel numero di corsi erogati a distanza: 83 per le lauree triennali, 60 per le magistrali e 7 per quelle a ciclo unico, principalmente in economia, psicologia, giurisprudenza, scienze politiche e della comunicazione. Le università tradizionali, invece, sono ferme a 31 corsi di laurea con didattica telematica, quasi tutti erogati da Atenei statali.
La didattica a distanza negli atenei tradizionali resta indietro
Nonostante la crescita delle università telematiche, la didattica a distanza negli atenei tradizionali non decolla. Secondo Matteo Turri, docente di Economia Aziendale dell’Università Statale di Milano e responsabile scientifico del MHEO, questa è “un’occasione sprecata” per gli atenei statali e non statali: “Non considerare la didattica a distanza, per le università statali e non statali è un’occasione sprecata. Significa infatti per gli atenei statali e non statali una minor capacità di attrazione degli studenti in un contesto demografico in cui il numero dei diciannovenni è destinato a diminuire e una mancanza di attenzione agli studenti con background scolastico più debole, provenienti da territori svantaggiati e impossibilitati a dedicarsi a tempo pieno allo studio”.
Il profilo degli studenti telematici
Il rapporto delinea anche un identikit degli studenti che frequentano i corsi di studi telematici. Si tratta di adulti, in prevalenza donne, che cercano una laurea per motivi professionali, studenti che hanno abbandonato in precedenza il proprio percorso di studio in atenei tradizionali e diciannovenni con un background scolastico più fragile.
Vantaggi e criticità delle università telematiche
Tra i punti di forza delle università telematiche c’è sicuramente la flessibilità, che permette di conciliare studio e lavoro ed evitare spostamenti. Tuttavia, come sottolinea Turri, i dati mostrano che esiste un divario significativo in termini di qualità della formazione e produzione scientifica tra gli atenei tradizionali e quelli telematici. Questo divario è evidente nella valutazione periodica in vista dell’accreditamento quinquennale, dove le telematiche ottengono una media di 5,10 contro il 6,40 degli atenei statali e non statali. Inoltre, gli ultimi dati definitivi disponibili sulla Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR 2015-2019) mostrano che le università telematiche si posizionano decisamente sotto la media dei punteggi degli atenei italiani.
Il futuro dell’istruzione terziaria in Italia
Il rapporto del MHEO evidenzia la necessità di un maggiore investimento nella didattica a distanza negli atenei tradizionali per rispondere alle nuove esigenze degli studenti e al cambiamento del panorama demografico. Al tempo stesso, è importante che le università telematiche continuino a migliorare la qualità della loro offerta formativa per ridurre il divario con gli atenei tradizionali.