VERSIONE DI LATINO MATURITÀ 2019: COME TRADURLA
Tra le materie della seconda prova gli studenti del Liceo Classico quest’anno potrebbero affrontare Latino. Visto che lo scorso anno è uscito Greco infatti, per la maturità classica 2019, siamo quasi certi che ci sarà una bella versione di latino, nella prima parte del compito. Come ormai è noto a tutti, la seconda prova del classico è cambiata: la traccia consisterà in una prima sezione contenente una versione e in una seconda parte contenente 3 quesiti a cui rispondere. Inoltre, è possibile che vengano esaminate entrambe le discipline, anche se siamo quasi sicuri che la versione della prima parte sarà di latino. In ogni caso bisogna mettersi sotto fin da ora e allenarsi a più non posso. Intanto, per tutti gli studenti del liceo classico abbiamo preparato questa semplice guida con 15 pratici consigli su come tradurre la versione di latino della seconda prova dell’esame di Maturità. Ti ricordiamo in ogni caso che per tradurre una versione è necessario conoscere bene la grammatica latina e fare tanta pratica!
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COME TRADURRE LA VERSIONE DI LATINO DELLA MATURITÀ
Ecco allora come tradurre la Versione di Latino della Maturità in 15 passaggi, per svolgere al meglio la prima parte dell’eventuale traccia ufficiale prevista dal Miur per l’Esame di Stato 2019:
- Prima di aprire il dizionario è consigliabile leggere due o tre volte il brano, per avere un’idea dell’insieme, isolando con tratti di matita le singole proposizioni e sforzandosi di comprendere il senso e la struttura sintattica che caratterizza il testo (discorso diretto o indiretto; proposizioni finali, consecutive, relative, interrogative, ecc.).
- Poiché in ogni periodo ci sono diverse proposizioni e ciascuna racchiude il suo verbo, occorre cercare e sottolineare il verbo della proposizione principale, l’unica sintatticamente indipendente, in quanto si regge grammaticalmente da sola e contiene il dato fondamentale del discorso, da cui dipendono tutte le altre. Va tenuto presente che la proposizione principale non sta necessariamente all’inizio del periodo, ma può trovarsi anche nel mezzo o alla fine: sarebbe una grave imprudenza incominciare a tradurre una proposizione secondaria solo perché è posta all’inizio.
- Dal verbo della proposizione principale (che qualifica il tempo in cui si svolge l’azione e il suo modo: reale nell’indicativo; possibile al congiuntivo; espressione di comando all’imperativo) posso risalire al soggetto (persona: 1°, 2° o 3°; numero: singolare o plurale), quando esso non sia di per sé stesso evidente (sempre al nominativo). Così, posso rendermi conto così di chi compie l’azione (verbo di genere attivo), la subisce (verbo di genere passivo) o la compie ricevendone direttamente gli effetti (verbo di genere medio o riflessivo). Il soggetto può essere costituito da un sostantivo, ma anche da una qualsiasi parte del discorso usata con valore di sostantivo (anche un’intera proposizione può fungere da soggetto). Non di rado capita che esso manchi, essendo sottinteso (per esempio un pronome) o trattandosi di un verbo impersonale.
- Dopo aver individuato il soggetto, vediamo se nella proposizione c’è qualche altro termine al nominativo, quindi necessariamente riferito al soggetto:
– un attributo (aggettivo: concorda in genere, numero e caso)
– un’apposizione (sostantivo: concorda nel caso, talora anche nel genere e nel numero)
– un nome del predicato (es. “Il padre era felice”)
– un complemento predicativo del soggetto, cioè un aggettivo o un sostantivo grammaticalmente riferito al soggetto, che però completa il senso del predicato verbale (es. “Il padre viveva felice”)
– un participio. - Stabilito dunque il collegamento fra verbo e soggetto della proposizione principale, si ritorna al verbo per esplorare il resto: se il verbo è intransitivo o di forma passiva, verifichiamo se sia accompagnato da un complemento predicativo del soggetto o se sia da solo; in tal caso cerchiamo un complemento che sia più di ogni altro collegato al verbo:
– con un verbo di movimento ci possiamo aspettare un complemento di moto da luogo (a, ab, e, ex, de + ablativo), un complemento di moto a luogo (in, ad + accusativo), o un complemento di moto per luogo (per + accusativo)
– se il verbo esprime un sentimento, cercheremo l’ablativo della cosa che suscita tale sentimento
– qualora si tratti di un verbo composto, faremo attenzione al caso che regge la preposizione inserita nel verbo, verificando sempre sul vocabolario la costruzione di tale verbo. - Se il verbo è di forma passiva, cerchiamo subito il complemento d’agente, cioè la persona da cui è compiuta l’azione (a, ab + ablativo); se invece troviamo un ablativo semplice, è meglio non pensare ad un complemento di mezzo o di causa (il che potrebbe anche essere), ma vedere prima se non si tratti della cosa da cui, per così dire, è compiuta l’azione, cioè dal complemento di causa efficiente (es. “Il comandante fu ferito da una freccia”).
- Se il verbo è transitivo (attivo o deponente) si proceda allora alla ricerca del complemento oggetto (che è sempre in caso accusativo), tenendo però presente che esso potrebbe anche mancare, o perché sottinteso nel contesto o perché il verbo è usato come apparente intransitivo.
- Dopo aver individuato il complemento oggetto occorre procedere come nel punto 4, cioè verificare se nella proposizione ci sia qualche altro termine in accusativo che possa riferirsi ad esso: un attributo, un’apposizione, un complemento predicativo dell’oggetto o un participio.
- Chiariti questi elementi fondamentali della proposizione in base ai nessi che tra essi intercorrono, si passa agli altri complementi, partendo da quelli che si riferiscono più da vicino al soggetto.
- Un sostantivo al genitivo (complemento di specificazione) può avere:
– valore soggettivo (es. “L’arrivo dei nemici”)
– oggettivo (es. “Il desiderio di gloria”)
– dichiarativo (es. “L’albero della palma”)
– possessivo (es. “Il cavallo dei soldati”)
– di pertinenza (es. “E’ [dovere] del console”)
– partitivo (es. “Uno dei soldati” – “Il più eloquente degli oratori”)
– di qualità (es. “Un giovane di grande coraggio”)
– esprimere il complemento di stima, di prezzo, di colpa, di pena, di età. Naturalmente il genitivo può dipendere anche da aggettivi e da participi usati con valore aggettivale, nonché dalla costruzione particolare del verbo. - Un sostantivo al dativo (complemento di termine) può essere:
– di vantaggio o di svantaggio (es. “Studiamo per la vita”)
– etico (es. “Stammi bene”)
– di possesso (es. Consuli sunt multi amici = il console ha molti amici)
– di fine
– d’agente (es. Amici virtus amanda est = gli amici devono amare la virtù)
Anche con molti aggettivi troviamo il dativo (es. Utilis omnibus = utile a tutti). - A questo punto non resta che occuparci degli eventuali complementi in ablativo, con o senza preposizione, e di quelli in accusativo con preposizione. Ricordiamo però che si possono trovare degli accusativi senza preposizione che non sono necessariamente complemento oggetto: è il caso del complemento di tempo continuato e dell’accusativo di relazione. Esistono poi particolari verbi che reggono l’accusativo, senza che si tratti di un complemento oggetto. Occorre infine tener presente che possiamo anche imbatterci in accusativi che non dipendono né da verbi, né da aggettivi e né da preposizioni, ma hanno valore avverbiale.
- Dopo aver tradotto la proposizione principale si passa alla traduzione (essendo già stata eseguita l’analisi dell’intero periodo) delle eventuali proposizioni coordinate e delle proposizioni subordinate, applicando gli stessi criteri seguiti per la principale (verbo, soggetto, ecc.). Successivamente, nella costruzione italiana del periodo, vedremo se lasciarle al loro posto o, se necessario, ordinarle secondo un criterio che tenga però conto dei vari gradi di subordinazione.
- Ricordate che è un grave errore iniziare a tradurre cercando sul dizionario una parola dopo l’altra secondo l’ordine con cui si succedono nella riga: in questo modo, non solo è molto più arduo cogliere il senso, ma la costruzione latina può indurre a facili sviste, per non contare la difficoltà di scegliere a prima vista il significato giusto (tra molti) di un verbo di cui si ignora il soggetto (persona, animale o cosa?) e viceversa. Anche quando si procede facendo la giusta costruzione è bene tener presente i vari significati di ogni vocabolo.
- Pur applicando questo metodo capita spesso d’imbattersi in parole che hanno molti significati, alcuni assai diversi: come scegliere? Solo il contesto, cioè l’insieme degli elementi della frase, può aiutarci: se è un verbo a costituire motivo d’incertezza, si annotano tre o quattro significati importanti (tenendo presente l’idea-base del verbo) e si passa a vagliare il significato del soggetto e, se c’è, dell’oggetto (è una persona o una cosa che subisce l’azione?). In base a questi due elementi sceglierò il significato più appropriato del verbo. E se fosse il complemento oggetto a voler dire più cose? In base al verbo e al soggetto determinerò il più plausibile. E così nel caso del soggetto. Ma se il resto della frase restasse comunque ambiguo? In tal caso non sarebbe proficuo insistere su una proposizione, perdendo troppo tempo: meglio lasciare alcuni significati provvisori scritti in matita e passare alle proposizioni seguenti, da cui verrà una smentita o una conferma dell’interpretazione, o comunque un chiarimento, in base al significato generale del brano.
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